Solennità di S. Filippo Neri

Numerosi anche quest’anno i fedeli ed i devoti del santo che hanno gremito la “Chiesa Nuova” nelle diverse celebrazioni della giornata, e particolarmente quella solennissima presieduta da Sua Eminenza il Card. Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione del Clero, salutato all’inizio della S. Messa dal P. Procuratore Generale, con l’indirizzo che riportiamo.

Saluto del P. Procuratore Generale

Eminentissimo Signor Cardinale,

desidero porgere a Vostra Eminenza l’omaggio della Congregazione dell’Oratorio di Roma che da più di quattro secoli officia questa “Chiesa Nuova” che Padre Filippo innalzò nel 1575 alla gloria di Dio e che volle così maestosamente bella perché è la Casa del Signore, nella quale la lode che a Lui si eleva si intreccia con quella alla Vergine Madre, nel particolare ricordo della Natività di Colei che è l’immacolata aurora della nuova storia.
 

Ma all’omaggio che presento all’Eminenza Vostra sento di potere e di dovere unire quello della intera Famiglia Oratoriana verso la quale Vostra Eminenza tante prove ha voluto dare, nel corso degli anni, di paterna benevolenza. 
 

La ricordiamo qui a presiedere, nel 2009, Eminenza, una S. Messa della solennità di san Filippo, ed è davvero motivo di grande gioia per noi accoglierLa oggi come Cardinale di Santa Romana Chiesa.
 

Grazie, Eminentissimo, per aver accettato il nostro invito.
 

In questa solennità di san Filippo – che si è chiusa, quest’anno, in anticipo di qualche ora perché già è iniziata la solenne celebrazione della Pentecoste – il sacerdote Filippo ci parla del sacerdozio cattolico con il suo cuore straordinariamente colmo di Spirito Santo e con il suo ministero tutto incentrato sui Sacramenti della Confessione e dell’Eucarestia.
 

La nostra intenzione di preghiera oggi è in particolare per Vostra Eminenza, che tanti splendidi insegnamenti ci ha dato e ci continua a dare sulla vita sacerdotale, anche con l’autorità, conferitaLe dal Santo Padre, di Prefetto della Congregazione per il Clero.
 

Le assicuriamo, Eminenza, che quanto Ella va insegnandoci è per tutti noi preziosa guida nella vita e nel ministero. Ci benedica, affinché la stima che abbiamo nei confronti delle Sue autorevoli indicazioni si traduca sempre più e sempre meglio nell’impegno di attuarle.
 

La preghiamo infine di portare al Santo Padre l’omaggio del nostro grande, convinto amore filiale e di dirGli che ogni giorno in Chiesa Nuova preghiamo che “Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum faciat eum in terra et non tradat eum in animam inimicorum eius”.
 

Grazie, Eminenza!



Il Sig. Cardinale Piacenza ha presentato la figura del santo nell’omelia che riportiamo per gentile concessione.

Omelia di Sua Eminenza Rev.ma il Sig. Card. Mauro Piacenza

“Spe salvi facti sumus”. Nella speranza siamo stati salvati.
 

Con queste parole il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto intitolare la sua seconda lettera Enciclica, sulla Speranza cristiana, prendendo spunto dal brano della Lettera ai Romani che abbiamo ascoltato.
 

In esso, quasi a mo’ di invocazione, l’Apostolo ricorda come “tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo”.
 

La Solennità di Pentecoste, che questa sera celebriamo, nel giorno della festa liturgica di san Filippo Neri, è proprio la memoria di questo “possesso dello Spirito”, anzi, delle “primizie dello Spirito”!
 

Possedere lo Spirito Santo significa, in realtà, essere da Lui posseduti, ricordando sempre la precedenza del “dono” sul “frutto”, dell’essere sull’operare.
 

Questo è oggettivamente vero grazie al dono dei Sacramenti, in particolare del Battesimo, della Confermazione e dell’Ordine Sacro, che hanno come effetto, nei fedeli, questa speciale “inabitazione permanente dello Spirito” che ne cambia l’essere, configurandolo a quello di Cristo Signore.
 

L’essere posseduti dallo Spirito diviene particolarmente evidente nella vita dei Santi, che sono gli autentici riformatori della Chiesa. Ogni riforma, infatti, se non proviene dallo Spirito, è solo volontà umana, obbediente spesso al proprio capriccio o, peggio, agli imperativi del mondo; se invece proviene dallo Spirito, si attua e diffonde progressivamente non con strumenti umani di pressione ideologica e disorientante sulle coscienze, ma con il fulgido esempio della Santità, universalmente accolta e riconosciuta.
 

San Filippo Neri è un esempio eloquente di che cosa significhi essere “uomini della Pentecoste”: cristiani e sacerdoti “posseduti dallo Spirito”; e, per questa ragione, è stato un grande riformatore del suo tempo.
 

E’ lo Spirito Santo, infatti, a sostenere e “smuovere” la Chiesa, ed è in questo “movimento”, il più fertile e longevo della storia, che gli uomini sono chiamati a cooperare liberamente all’opera dello Spirito e, così, a diventare Santi, per grazia e non per merito.
 

Lo Spirito Santo, dalla Pentecoste in poi, fino alla fine dei tempi, ha suscitato, suscita e sempre susciterà come una “catena di Santità” a servizio della vera riforma della Chiesa. Essa, in quanto “presenza di Cristo nel mondo”, è la vera e perenne novità della storia! E’ il “nuovo” che sempre il Signore ci dona, perché è l’inizio di quel Regno che ha fatto irruzione nella storia con l’annuncio dell’Angelo alla Beata Vergine Maria. E, da quell’istante, la novità perdura, ininterrottamente, fino alla fine dei tempi. Maria è la Stella mattutina di questa novità!
 

Come non stupirsi di fronte a quell’opera dello Spirito che è l’amicizia dei Santi: San Filippo Neri, San Carlo Borromeo, San Camillo de’ Lellis, Santa Teresa d’Avila, Sant’Ignazio di Loyola, il Venerabile Baronio… Tutti diversissimi, tutti “posseduti dallo Spirito”, tutti obbedienti al Papa, cioè caratterizzati da un profondo amore al Successore di Pietro, che ha potuto vedere in essi veri riformatori che il Signore donava alla Sua Chiesa.
 

La Riforma autentica della Chiesa, della quale tanto avvertiamo l’esigenza, è come una misteriosa “collaborazione” di anime che, nei vari loro ambiti, convergono in un unico disegno soprannaturale dello Spirito. Non sempre è dato di vedere e riconoscere immediatamente il disegno, ma siamo certi che lo Spirito opera e che prepara tali anime, senza le quali ogni sforzo, solo umano, è destinato a fallire.
 

Noi siamo certi che lo Spirito Santo è sempre il medesimo, Dominum et Vivificantem, è il Signore e dà la vita!
 

Lo Spirito della Pentecoste, nel Cenacolo duemila anni fa, è lo stesso che ha guidato in mirabile continuità la Chiesa nei grandi Concili dell’antichità, è lo stesso del Concilio di Trento e della grande Riforma cattolica che ne scaturì, è lo stesso del Concilio Vaticano I e del Concilio Vaticano II: è lo stesso ieri, oggi e sempre.
 

Il medesimo Spirito anima e sostiene la medesima Chiesa: non può esserci, pertanto, interruzione alcuna nell’unico soggetto-Chiesa che, da duemila anni, cammina sulle strade del mondo, annunciando il Regno di Dio e portando agli uomini la parola ed i gesti della Salvezza del Signore, celebrando i Sacramenti.
 

Come, al tempo di San Filippo Neri, lo Spirito seppe scrivere una straordinaria e luminosissima pagina del grande Libro della storia – sempre sacra – della Chiesa, così anche ai nostri giorni lo Spirito saprà rinnovare e riscrivere pagine di Riforma autentica, attraverso la vita e l’opera dei Santi che vorrà suscitare.
 

Imploriamolo incessantemente, con tutti noi stessi: “Spirito di Santità, donaci donne e uomini santi! Donaci e facci Santi, Signore della vita! Spazza via contese e orgogli, interessi vili e calunnie; spazza via disobbedienza ed errori, egoismi e meschinità”!
 

Ma qual è il segreto della santità?
Il segreto di San Filippo?
Qual è il segreto dei Santi riformatori?
 

Nel Vangelo abbiamo ascoltato che “Gesù, ritto in piedi, gridò: Se qualcuno ha sete, venga a me e beva!”.
 

Egli, acqua viva, è la fonte di ogni possibile incontro con lo Spirito che – non dimentichiamolo mai! – per noi è sempre lo Spirito di Cristo.
 

Allora il segreto dell’essere “posseduti dallo Spirito” è proprio questo “bere” alla Fonte che è Cristo! Il segreto è la preghiera!
 

Il profondo silenzio orante, capace di ascoltare la voce dello Spirito di Dio e di discernere il “vociare” del mondo, è l’indispensabile contesto nel quale viene seminata, è irrorata, germoglia, fiorisce e matura la Santità riformatrice.
 

Al di fuori della preghiera non può esserci alcuna spinta riformatrice, che miri al vero bene della Chiesa e del mondo! Nelle umane – troppo umane! – analisi sociologico-pastorali e mediatiche spesso non c’è posto per lo Spirito e, dunque, per la Riforma autentica della Chiesa. Esse sembrano “bronzo che risuona” e “cembalo che tintinna” perché non hanno la carità che viene da Dio. (cf. 1Cor 13,1).
 

Il Signore Gesù ci ripete con forza: “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva!”.
 

I Santi, San Filippo Neri, indicano inequivocabilmente la via della preghiera e dell’immersione in Dio come l’unica strada per riformare innanzitutto se stessi, e da tale profonda, difficilissima e “prima” riforma partire, come per irraggiamento misterioso, per la Riforma della Chiesa, che è riforma di noi uomini e donne di Chiesa, chierici, laici e religiosi.
Imploriamo in questa Pentecoste il dono di una rinnovata effusione dello Spirito su ciascuna delle nostre esistenze.
 

Con San Filippo dal cuore fiammeggiante di santo e divino amore, imploriamo dalla Beata Vergine Maria, Donna dello Spirito e Prima Custode della novità, che è Cristo, di essere progressivamente introdotti in quella Santità che è la sola autentica riforma della Chiesa. Amen.
 



Un articolo di P. Edoardo A. Cerrato delinea oggi su L’Osservatore Romano i tratti essenziali della figura di S. Filippo Neri educatore.

Nell’ascesi dell’umiltà la radice del leggendario buon umore di san Filippo Neri

Il segreto di un sorriso perenne
di Edoardo Aldo Cerrato


«Umorismo è la libertà che ci si prende, il distacco di fronte a se stessi» scrisse Eugène Ionesco (1912-1994). “Umiltà” e “umorismo” non a caso hanno la stessa radice. 
 

La nostra società, anche in questo ambito, offre segnali spesso sconfortanti: poco buon umore e molta rabbia; sarcasmo più che sana ironia. E’ il risultato dell’aver confuso il piacere con la gioia. 
 

Filippo Neri, divenuto romano senza nulla perdere della sua fiorentinità, è stato un eccezionale educatore proprio perché lo ha compreso e testimoniato negli ottanta anni della sua vita. 
 

Preziose sono le testimonianze riportate dal Processo di canonizzazione, le Vite del Gallonio e del Bacci, primi biografi, le “Massime” raccolte dai discepoli, semplici e familiari, sgorgate dall’esperienza quotidiana del rapporto di Filippo con Dio e con gli uomini. Ma lo sono anche i Tre Libri dell’educazione christiana de’ figliuoli di Silvio Antoniano – nei quali gli studiosi della pedagogia hanno riconosciuto la testimonianza più significativa del rinnovato impegno educativo promosso dal Concilio tridentino – che nascono dal contatto con padre Filippo e il suo Oratorio: significativamente l’autore li dedica «Reverendis Patribus Congregationis Oratorii» ed afferma, nella dedica, che tutto è «fructus ab eorum semente». E lo è anche il coevo Dialogo della gioia cristiana di Agostino Valier che delinea la personalità festosa di Padre Filippo, sottolineando che le sue doti temperamentali non sono sufficienti a motivare la sua “perenne allegrezza” la quale è costantemente alimentata dal soprannaturale ed attinge all’impegnativa ascesi dell’umiltà che soltanto rivela il senso pieno anche di molte burle e di scherzosi atteggiamenti di Padre Filippo. Proprio sulla bocca di Silvio Antoniano il Valier pone queste parole: «Questo soprattutto in tale uomo [Filippo] mi è parso ammirevole: ch’egli porta in sé una perpetua allegrezza di spirito, per nulla mai agitato dai marosi dell’ambizione, specialmente in una città come Roma. In verità, quest’uomo di Dio sempre si rallegra nel Signore; in lui abita lo Spirito Santo, il cui frutto è la gioia, e si alimenta di quella ambrosia celeste come di suo pane quotidiano. Così egli sempre gioisce nel Signore e viene ritenuto esimio maestro di vera ed autentica letizia».
 

Gli elementi chiave che caratterizzarono la proposta educativa di san Filippo Neri sono da ricercare nella appassionata adesione di Filippo a Gesù Cristo. “Burlevole” lo ricordano numerosi testimoni del Processo canonico, festoso, gentile, schietto, semplice, attento ad ogni persona, amabile, profondo, riservato, assorto, estatico…: un’armonia di “distinti” composta nell’unità. Nulla stride nella sua personalità: tutto è armonizzato da un’esperienza di comunione con Dio che visibilmente plasma la sua ricca umanità. 
 

“Padre” è l’unico titolo che Filippo accettava volentieri, «perché questo sona amore», egli diceva. 
 

Questa paternità – così rispondente al bisogno insopprimibile dell’uomo, che è figlio fin nel più profondo del suo essere – esprime la vera identità del sacerdote Filippo nei confronti dei fedeli.
 

L’amore paterno di Filippo per i suoi figli traspare anche dalle forme di affetto che egli aveva nei loro confronti, dall’interesse che dimostra verso tutte le questioni ed i problemi della loro vita; dal desiderio di averli vicini e dal cercarli quando non li vede, dalla continua disponibilità. Ma la sua paternità si manifesta soprattutto nella cura attenta e individuale della loro anima: «Haveva riguardo grande alla natura et complessioni delle persone». Pur coltivando soprattutto le anime Padre Filippo mai si scorda mai dei corpi, e tiene sempre presente il posto della persona nella società: comprende il mondo dell’altro, vive gli affanni e le angosce dei poveri e dei malati, le lotte interiori di giovani ed adulti, e lascia chiaramente percepire che è vicino alle persone e ne condivide l’esperienza. 
 

La “virtù attrattiva” di Filippo ha nell’umiltà il suo centro; di qui nasce quella “hilarità christiana” che diventa elemento caratterizzante della “schola di santità” filippina e che rende limpido ed esalta l’umano. 
 

E’ così che, diversamente da altri esponenti della vita devota, dai quali pure accolse utili insegnamenti di vita, Filippo Neri è sensibile anche alla bellezza che si manifesta nella natura e nell’arte: predilige gli spazi aperti, i colli e “le vigne” di Roma, le “ville”, il cammino alle Sette Chiese; ama la musica ed il canto, è attento alle espressioni delle arti figurative… 
L’autenticità dei rapporti personali, frutto della sua bella umanità, ma anche dell’esercizio ascetico che lo plasmava, diventava – e non per strategia – il metodo della sua evangelizzazione. 
 

«Il suo successo là dove altri avevano fallito – scrive M. T. Bonadonna Russo – risiedeva nell’applicazione del suo metodo basato sulla capacità di porsi sempre e umilmente sullo stesso piano del suo interlocutore, che finiva quindi per vedere riconosciuta la propria natura e la propria personalità: un rispetto che derivava a san Filippo dal suo modo di intendere la libertà e che produsse risultati più abbondanti e duraturi di quelli ottenuti con la coercizione e la forza. La famosa frase “State buoni se potete”, che in realtà egli non pronunciò mai, poté essere coniata ed essergli attribuita proprio perché in fondo riassumeva ed interpretava perfettamente il suo stile: uno stile talmente innovativo da apparire perfino anacronistico per il suo tempo, e comunque talmente attuale da essere posto ancora oggi alla base di un certo tipo di rapporto umano».