Pro Papa nostro Benedicto

Riportiamo due interventi usciti su due organi di stampa italiani.

Intervista al cardinale Ennio Antonelli:

“Benedetto XVI ferisce al cuore la mentalità dominante“Benedetto XVI ferisce al cuore la mentalità dominante ecco perché lo attaccano”
di Paolo Rodari

L’accusa del cardinale Ennio Antonelli, ex arcivescovo di Firenze, incaricato di seguire in Vaticano le politiche per la famiglia, è precisa e circostanziata. Ed è diretta contro i media. Sono loro, secondo il porporato, a indirizzare l’opinione pubblica contro la chiesa. Sono loro a stravolgere i fatti dipingendo il Vaticano come un’enclave di preti pedofili guidati dal Papa. Dice Antonelli al Foglio: “E’ evidente che si tratta di un attacco non solo contro il Papa, ma anche e soprattutto contro la chiesa cattolica come autorevole referente morale nel nostro mondo di oggi. I toni usati, l’accanimento nelle accuse, la ripresa come se fossero notizie attuali di fatti lontani nel tempo e già noti pubblicamente, l’omissione di ogni riferimento alle statistiche, la presentazione della pedofilia come un vizio specifico del clero anziché come un vizio enormemente diffuso nella società: tutti questi elementi e altri ancora configurano chiaramente una ‘informazione’ militante contro la chiesa. Per offuscare l’immagine della chiesa e comprometterne la credibilità, è logico che si cerchi di arrivare a colpire il Papa in persona, sebbene la fermezza e la coerenza del suo impegno contro certi comportamenti delittuosi siano conosciuti da sempre”.

Ad Antonelli, come a tanti suoi confratelli, dà “profonda sofferenza il danno recato alle vittime, la mancata fedeltà al Signore dei sacerdoti responsabili, il fango che deturpa l’immagine della chiesa”. Ma, insieme alla sofferenza, c’è il rammarico per “lo scandalo che subiscono tante persone condizionate dai media”.

Il magistero di Benedetto XVI è una lama che ferisce al cuore la mentalità dominante, il sentire dei più. I valori “non negoziabili” stilati da Ratzinger pochi mesi dopo l’elezione, non solo non vengono capiti da molti, ma spesso sono volutamente respinti. Spiega ancora Antonelli: “E’ in atto un duro contrasto. Da una parte l’insegnamento di Gesù Cristo e della chiesa sull’amore, la sessualità, il matrimonio, la famiglia, il rispetto di ogni vita umana; dall’altra parte la cultura relativista e individualista che provoca la disgregazione della famiglia, riduce l’amore a soddisfazione sessuale e sentimentale egoistica senza impegno e senza sacrificio per il bene dell’altro, sostiene l’equiparazione di forme di convivenza assai diverse tra loro, promuove l’esercizio esclusivamente ludico della sessualità, favorisce la pratica dell’aborto, ed esige il riconoscimento di esso come un diritto. Il Papa, pur essendo molto rispettoso verso tutte le persone, molto attento all’educazione delle coscienze e molto prudente nel discernimento della responsabilità personale di ciascuno, ribadisce con chiarezza la verità oggettiva del bene, le norme morali e il loro significato e valore per l’autentica crescita umana delle persone e della società, smaschera gli idoli e i falsi valori della cultura dominante, mette in guardia contro le illusioni e i pericoli. Questo in molti ambienti non gli procura simpatie e applausi”.

Antonelli conosce Ratzinger da tempo: “Il Papa mi ha sempre dato l’impressione di un’intelligenza straordinaria, di grande serenità d’animo, di mitezza e umiltà. Mi sembra che per Giovanni Paolo II fosse più spontanea la comunicazione con le grandi folle, mentre per Benedetto XVI lo è la comunicazione con le singole persone e con i piccoli gruppi. Ambedue sono grandi personalità e un dono prezioso di Dio per la chiesa e per il mondo di oggi”.

Il Foglio, 21 aprile 2010


ENIGMA BENEDETTO
di Sandro Magister

È approdato a Malta con la barca della Chiesa in piena burrasca. E si è trovato salvato da un folla straripante e festante. L’enigma del pontificato di Benedetto XVI è anche qui. I suoi 14 viaggi all’estero hanno sempre capovolto le fosche previsioni di ogni vigilia. È avvenuto così anche nei luoghi più ostici. In Turchia nel 2006, negli Stati Uniti e in Francia nel 2008, in Israele e Giordania l’anno dopo. A pranzo con i cardinali il 19 aprile, quinto anniversario della sua elezione a successore di Pietro, il papa ha citato sant’Agostino: “Mi sento pellegrino tra le persecuzioni del mondo e la consolazione di Dio”.

L’enigma di papa Benedetto è che egli è attaccato proprio dove i fatti gli danno ragione. Negli anni in cui tutti, dentro e fuori la Chiesa, erano ciechi di fronte allo scandalo della pedofilia, Joseph Ratzinger fu l’unico dirigente di Chiesa di alto rango a vedere lontano, a intuire la gravità dello scandalo e a imporre contromisure efficaci. E oggi che tanti gli tirano pietre, è di nuovo lui a predicare alla Chiesa che non basta rimettere tutto alla giustizia terrena, perché il proprio della Chiesa è l’ordine della grazia, che va al di là della legge, e significa “fare penitenza, riconoscere ciò che si è sbagliato, aprirsi al perdono, lasciarsi trasformare”. Non si ricorda nessun papa che nell’età moderna abbia messo un’intera Chiesa nazionale in stato di penitenza pubblica per i peccati dei suoi figli, come ha fatto Benedetto XVI con la Chiesa d’Irlanda.

Il mite papa Benedetto passerà alla storia per parole e atti di grande audacia. Con la lezione di Ratisbona svelò dove affonda la radice ultima della violenza religiosa, in un’idea di Dio mutilata dalla razionalità. Ed è grazie a quella lezione che oggi tra i musulmani sono più forti le voci che invocano una rivoluzione illuminista anche nell’islam, la stessa che c’è già stata nel cattolicesimo degli ultimi secoli. Altro che papa oscurantista e retrogrado. Benedetto XVI è un grande “illuminista” in un’epoca in cui la verità ha pochi estimatori e il dubbio la fa da padrone. All’uomo moderno egli chiede di aprire gli spazi della ragione, non di rinchiuderla nei soli dati misurati dalla scienza. È sua l’idea di aprire un “cortile dei Gentili”, dove tutti possano incontrarsi sotto l’ombra di Dio, anche chi non lo conosce. È sua la proposta agli uomini del nostro tempo di “vivere come se Dio ci fosse”, perché da questa scommessa, come disse Pascal, c’è solo tutto da guadagnare e niente da perdere.

Un mese fa, in una udienza del mercoledì ai pellegrini, Benedetto XVI paragonò l’ora presente della Chiesa a quella dopo san Francesco. Anche allora c’erano nella cristianità correnti che invocavano una “età dello Spirito”, una nuova Chiesa senza più gerarchia, né precetti, né dogmi. Oggi qualcosa di simile avviene quando, sull’onda di accuse che pretendono di travolgere tutto, si invoca un Concilio Vaticano III che sia “nuovo inizio e rottura”. Poi, stringi stringi, il programma dell’immaginario Concilio si riduce all’abolizione del celibato del clero, al sacerdozio per le donne, alla liberalizzazione della morale sessuale e a più democrazia nel governo della Chiesa. Le stesse cose che, attuate in alcune Chiese protestanti, non ne hanno prodotto rigenerazione alcuna. Anzi, come si vede nella Comunione anglicana, hanno piuttosto generato robuste correnti di migrazione verso la Chiesa di Roma, come al solo porto sicuro.

All’utopia spiritualista che si risolve in anarchia, papa Benedetto oppone un’arte di governo della barca di Pietro che è “pensiero illuminato dalla preghiera”. A un mondo povero di fede, parla di Dio e di Gesù. Perché nient’altro che questo disse di voler fare, quando fu eletto papa: “Far risplendere davanti agli uomini e alle donne di oggi la luce di Cristo: non la mia luce, ma quella di Cristo”.

L’Espresso, 23 aprile 2010