Il P. Procuratore Generale ricorda oggi, 473.mo anniversario della nascita terrena, il venerabile Card. Cesare Baronio nella Messa domenicale celebrata in S. Maria in Vallicella, al termine della quale, con i fedeli presenti, visita il sepolcro del primo successore di san Filippo Neri e intona la preghiera per la beatificazione.
Per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo un articolo del prof. Luigi Gulia che a Sora ricorda l’anniversario baroniano, contribuendo a tenere desta la memoria e la venerazione del Baronio nella sua città natale. Il P. Procuratore Generale lo ringrazia di cuore.
Una memoria del cardinale nato a Sora
il 30 ottobre 1538
Cesare Baronio e la morte confortata del bandito Catena
Luigi Gulia
Si chiamava Bartolomeo il brigante Vallante, detto Catena, da Monte San Giovanni di Campagna, bandito e condannato alla pena capitale, che Cesare Baronio cercò di redimere perché “sentiva pena e compassione” di questo suo conterraneo (portava il nome del santo titolare della sua chiesa nella natìa Sora) “per l’offese che si facevano a Dio con tanto danno de’ poveri”. Né la corte pontificia né quella del re di Napoli erano riuscite a debellare il dilagante fenomeno del banditismo che imperversava a causa di accentuati squilibri sociali cui gli storici del secondo Cinquecento dedicano da tempo grande attenzione. Cesare Baronio, prete oratoriano, figlio della carità di Filippo Neri e uomo di studio e di preghiera, seguì strade diverse da quelle dei bandi, delle taglie e delle repressioni. Si affidò alle “orationi continue”, a penitenze e digiuni, a tentativi di arrivare al cuore del brigante, perfino con l’ingenuità di fargli avere, con l’aiuto di padri cappuccini, una corona benedetta con altre sette per i suoi compagni. E per giunta una lettera gli scrisse. Catena, che era rozzo e illetterato, se la fece leggere rimanendone commosso, ma la conversione ebbe breve durata (non aveva chi potesse guidarlo nel sentiero interiore aperto da Cesare Baronio), allorché l’animo fu riacceso dalla vendetta di un amico ammazzato. Riprese a compiere azioni violente nella Campagna romana e nel regno di Napoli. Arrivò a collezionare 54 omicidi oltre a ricatti, furti, rapimenti e danneggiamenti, tutti confessati, una volta condotto nelle prigioni di Tor di Nona, calzoni verdi giubba nera e scarpe rosse, trent’anni circa d’età, dopo la cattura avvenuta in una di quelle incursioni che i banditi tentavano alle porte di Roma in cerca di complicità e di potenti protezioni. Era venerdì 25 novembre 1580. Sul trono di Pietro regnava Gregorio XIII, che appena l’anno prima aveva acquistato dai Della Rovere il Ducato di Sora per donarlo al figlio Giacomo (i Boncompagni vi resteranno Signori fino al 1796). Cesare Baronio tornò ad essere vicino a Catena con un’assistenza spirituale parallela all’azione giudiziaria che si svolse nei quarantadue giorni del processo fino alla condanna capitale. Da quell’uomo “barbaro” ed “ignorante”, con l’esercizio della preghiera e della contrizione, trasse un “tal progresso di virtù che in un uomo di spirito e di lettere non sarebbesi di più potuto descrivere”. Fu tramite di altre prove concrete della conversione maturata nell’accoglienza di parole di pace e di affidamento alla misericordia di Dio, sconfinata e senza riserve. Alla vigilia dell’esecuzione, sorretto dal Baronio, Catena fece scrivere lettere di perdono a quelli che egli aveva offeso per esortare ciascuno a vivere “pacificamente”. E pregò di scrivere perfino al Vicerè di Napoli che, se avesse avuto più vite, in segno di riparazione avrebbe voluto patire e versare il sangue di quanti egli aveva ucciso. La mattina dell’esecuzione, l’11 gennaio 1581, si comunicò “con molta devotione”; il giorno prima Baronio aveva raccolto la sua confessione generale “con molta cognizione de’ suoi errori”, rimanendo con lui in preghiera la notte intera insieme con i Confortatori dell’Arciconfraternita della Misericordia di San Giovanni Decollato.
Bartolomeo Vallante, rappacificato con Dio e con gli uomini, ci restituisce un Baronio “minore”, strumento umile della misericordia divina, che fu prete vero e servitore dei poveri (privi d’amore) e tale si mantenne, in pace e obbedienza, quando la fama della sua scienza filologica lo consacrò “padre della storia ecclesiastica” o quando, per la santità di cuore e di mente, Clemente VIII lo scelse suo confessore o, infine, quando il peso della porpora gli fece desiderare la sua dimora di apprendista della carità alla Chiesa Nuova.
Il lettore che voglia saperne di più e meglio sulla vicenda di Catena e di Baronio troverà fonti dirette nella voluminosa biografia che l’oratoriano Generoso Calenzio dedicò nel 1907 al cardinale sorano, avendo attinto dai codici manoscritti della Valicelliana. Si affidi poi al saggio del compianto prof. Fulgido Velocci, che nel 2004 ha pubblicato gli atti del processo di Bartolomeo Vallante, e alla recente, fondamentale impresa editoriale di mons. Donato Piacentini sulla società violenta e il brigantaggio cinquecentesco nella diocesi di Sora.
VISITE
Non sono mancate, anche nel corso del corrente anno, le attestazioni di venerazione del Servo di Dio: numerose le visite al suo sepolcro da parte di singoli fedeli e da parte di gruppi.
Con piacere segnaliamo anche il particolare atto di devozione compiuto dalla Famiglia Strobino di Genova che ha chiesto al ven. Baronio la protezione per la terza figlia Maria Caterina, battezzata in Chiesa Nuova il 18 giugno.
RICERCHE E STUDI
Epistolario del Baronio
Per iniziativa della Procura Generale è continuata, a cura dei proff. Giuseppe Guazzelli e Alessandro Serra, in Archivi e Biblioteche di Roma una ampia ricerca sulle lettere del card. Baronio.
Il progetto, nato durante la preparazione del convegno Cesare Baronio tra santità e ricerca storica, Roma, 25-27 giugno 2007 – promosso dal Dipartimento di Studi Storci Geografici Antropologici dell’Università di Roma Tre, Procura Generale della Confederazione dell’Oratorio, Associazione Italiana per lo studio della santita dei culti e dell’agiografia – si propone attraverso l’identificazione di obiettivi specifici, graduali e conseguenti, l’edizione delle lettere scritte e ricevute da Cesare Baronio come fondamentale contributo alla conoscenza della sua figura religiosa, culturale, politica ed ecclesiastica, tanto per il ruolo che ha svolto all’interno delle mutazioni del metodo storico tra XVI e XVIII secolo quanto della sua attività politico-diplomatica al servizio della Chiesa romana. Duplice quindi l’obiettivo storiografico cui può contribuire l’edizione delle lettere: da una parte un contributo decisivo per un ulteriore approfondimento della biografia di uno dei personaggi più significativi della storia ecclesiastica dell’età moderna; dall’altra proprio per i ruoli ricoperti dall’oratoriano in alcuni degli snodi fondamentali della storia politica ecclesiastica e culturale del periodo, un prezioso ventaglio di testimonianze a disposizione degli studiosi del periodo.
I Proff. G. Guazzelli e A. Serra danno relazione del lavoro fin qui compiuto:
PER UN EPISTOLARIO DI CESARE BARONIO: STATO DELL’ARTE
Il lavoro, cominciato nel luglio 2010, dopo la pausa estiva si è svolto continuativamente nel periodo settembre-dicembre 2010 e procede tutt’ora per ulteriori controlli. Una parte dell’indagine si è svolta presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, a seguito della sua riapertura nel mese di settembre. Non essendo emerse dai cataloghi dei manoscritti di tale istituzione alcuna indicazione sulla presenza di lettere del Baronio, dopo aver controllato manoscritti degli Annales Ecclesiastici, sono stati effettuati alcuni sondaggi sui codici contenenti le lettere del cardinale Guglielmo Sirleto (Vat. lat. 6180-6192). Non avendo prodotto neppure tali sondaggi alcun esito significativo, si è deciso di concentrare la ricerca sui fondi manoscritti della Biblioteca Vallicelliana di Roma.
Presso tale istituzione si è realizzato anzitutto lo spoglio completo dei volumi del catalogo topografico del Vettori (Fondi A-S della biblioteca). Ad esso ha fatto seguito l’esame diretto di circa 130 codici, larga parte dei quali si è rivelata contenere materiali utili alla ricostruzione dell’epistolario baroniano.
Da tale lavoro è emersa in primo luogo l’assoluta eterogeneità di tale documentazione. Si tratta in effetti talora di lettere sparse inserite all’interno di codici miscellanei o di lettere di dedica premesse a opere del Baronio o a lui inviate e/o dedicate. In altri casi, ben più numerosi, è stato invece possibile ravvisare l’esistenza di vere e proprie raccolte, talvolta ordinate tematicamente, di porzioni dell’epistolario del sorano. Un primo nucleo documentale rilevante è costituito ad esempio dal carteggio con i genitori, che si estende sul piano cronologico dai primi anni romani del Baronio sino al 1583, anno della morte del padre Camillo. Altrettanto significativa è la raccolta della fitta corrispondenza con il confratello oratoriano Antonio Talpa, con il quale egli affronta pressoché ogni aspetto tanto delle proprie vicende personali e della vita interna della Congregazione filippina, quanto del proprio lavoro erudito e degli impegni all’interno della Curia. Non paiono trascurabili, infine, neppure alcuni gruppi epistolari di più ridotte proporzioni che però sembrano voler isolare i carteggi tra il Baronio e alcuni soggetti particolarmente rilevanti all’interno del panorama politico, culturale ed ecclesiastico dell’Europa del tempo, quali ad esempio Enrico IV di Francia, i vertici delle Università di Lovanio e di Coimbra, il cardinale Federico Borromeo.
Un ulteriore elemento di eterogeneità dell’ampio materiale consultato è costituito dal fatto che molto raramente tali raccolte contengano al loro interno gli originali delle lettere; si tratta infatti per lo più di copie realizzate in momenti diversi, dai primi anni del XVII secolo fino alla metà del XVIII. Tale articolazione del materiale documentario suggerisce senza dubbio l’opportunità di approfondire quanto più possibile la storia costitutiva dei singoli nuclei, i legami di dipendenza dell’uno dall’altro sul piano testuale (spesso all’interno di raccolte diverse sono riproposte copie delle stesse lettere), nonché il possibile rapporto di tali nuclei con la costruzione bio-agiografica della figura del cardinale, se non addirittura con le strategie di promozione cultuale correlate al processo di beatificazione di quest’ultimo.
Di tali problematiche si dovrà necessariamente tenere conto nella pubblicazione incentrata sui materiali epistolari baroniani della Biblioteca Vallicelliana che ci si propone di realizzare. Tale prodotto scientifico dovrà necessariamente stabilire all’interno del corpus epistolare individuato una ripartizione tra documenti editi e inediti, compiuta collazionando il regesto delle lettere presenti nei codici vallicelliani con quello delle lettere pubblicate a partire dal XVIII secolo in varie sedi (vedi bibliografia finale).
Ordinato per data cronica, il regesto per ogni lettera sia in entrata che in uscita indicherà, oltre alla data topica e al nome del corrispondente, anche la lingua in cui, presumibilmente, è stata scritta nell’originale; per ciascuna missiva si intende fornire anche un breve sommario dei temi affrontati. Particolare attenzione sarà prestata, evidementemente, alle indicazioni relative al luogo di conservazione degli esemplari manoscritti, distinguendo gli originali (autografi o con sottoscrizione autografa) dalle copie, ed evidenziando per queste ultime se si tratta di copie parziali o addirittura tradotte in altra lingua. In modo analogo, nell’inserire i riferimenti alle eventuali edizioni a stampa si indicherà se siano state pubblicate integralmente o meno, e in quale lingua.
A partire dal regesto sarà inoltre possibile, all’interno della pubblicazione stessa, riflettere sulla composizione del corpus epistolare vallicelliano, concentrandosi in modo particolare su quei documenti che consentano di approfondire aspetti della biografia baroniana fin qui poco presi in considerazione in sede storiografia. Per esempio, la ricognizione già effettuata suggerisce di riconsiderare con maggiore attenzione le epistole familiari, in cui emergono, oltre a circostanze utili a ricostruire il vissuto quotidiano della famiglia, anche elementi non trascurabili per delineare la sensibilità religiosa baroniana sin dagli anni della gioventù.
Oggetto di rinnovata attenzione dovranno anche essere aspetti, quale la corrispondenza strettamente erudita o quella con i rappresentanti delle corti europee, sui quali l’interesse degli studi si è già molto concentrato. L’esame dei fondi manoscritti della Vallicelliana ha infatti rivelato l’esistenza di documenti rimasti finora inediti, di alcuni dei quali, particolarmente significativi, si procederà all’edizione in appendice.
D’altro canto, è emerso altrettanto chiaramente il fatto che le lettere già pubblicate nei repertori esistenti o all’interno delle biografie e degli studi baroniani siano state talvolta oggetto di edizioni parziali o non corrette. La raccolta settecentesca pubblicata dall’oratoriano Raimondo Alberici ad esempio, che pure rivela per certi versi un’accuratezza notevole, spesso presenta le lettere in una lingua diversa da quella dell’originale (spesso si tratta della traduzione latina di testi in italiano), oppure le pubblica non integralmente ma selezionando al loro interno i brani che egli ritiene più significativi. Tale arbitraria modalità di utilizzazione della materia documentale baroniana si manifesta in forma ancor più esasperata nella biografia del sorano pubblicata all’inizio del Novecento dall’oratoriano Generoso Calenzio. In quest’opera infatti, i brani di lettera sono spesso estrapolati dal loro contesto e inseriti all’interno della narrazione biografica con travisamenti contenutistici talora pesanti. Per meglio esplicitare le forti differenze che talora intercorrono tra il materiale manoscritto e quello edito, di alcuni casi maggiormente significativi si darà conto, anche in questo caso, in appendice.
L’elevato numero delle lettere identificate nelle varie fasi di questo lavoro, il fatto che di una stessa lettera esistano più esemplari manoscritti con varianti talora macroscopiche e che ulteriori varianti emergano assai frequentamente dal raffronto tra l’edito e il manoscritto, mette in luce la necessità di procedere ad una edizione critica dell’epistolario baroniano. In tale direzione, la ricognizione fin qui effettuata, benché indispensabile, non può che rappresentare una tappa preliminare.
Sebbene l’indagine compiuta abbia evidenziato problematiche scientifiche di assoluto rilievo, è ovvio che la ricerca di materiali utili alla ricostruzione dell’epistolario baroniano dovrà progressivamente estendersi anche al posseduto di altre biblioteche e archivi, sia a Roma sia altrove, secondo le linee guida tratteggiate nel progetto iniziale.
Giuseppe Antonio Guazzelli – Alessandro Serra
BIBLIOGRAFIA
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