Alla presentazione ufficiale del volume “Arte e committenza nel Lazio nell’età di Cesare Baronio” – di cui a suo tempo il nostro sito ha dato notizia – il Procuratore Generale è rappresentato da fr. Alberto Bianco, Segretario della Procura Generale, che legge il saluto che riportiamo:
Con il rammarico di non poter essere presente – come avrei desiderato – alla presentazione degli Atti del Convegno Internazionale che il Dipartimento di Filologia e Storia dell’Università di Cassino ha dedicato a Cesare Baronio nel IV centenario della morte, porgo, attraverso fr. Alberto Bianco, i saluti e l’espressione della riconoscenza della Famiglia Oratoriana ai Relatori e in particolare alla Prof.ssa Patrizia Tosini, curatrice del prestigioso volume che contribuisce ad arricchire la messe sempre più copiosa di pubblicazioni e di studi baroniani.
Come ho avuto modo di dire nelle pagine introduttive del volume oggi presentato, gli studi maturarono nel Baronio anche la sensibilità per l’arte, fino a condurlo «a ravvisare in essa – come scrive G. Galasso – un simbolo di grande efficacia funzionale, oltre che di alto valore estetico, e ad individuare la committenza artistica in funzione di intenti e di idee che segnano una profonda trasformazione del mecenatismo rinascimentale e dei suoi criteri estetici».
Mi sia consentito, nel porgere il più cordiale saluto ai presenti, rievocare il rapporto che legò Cesare Baronio a san Filippo Neri riconosciuto dal Baronio come il maestro di quel cammino spirituale in cui affonda le radici anche la sensibilità culturale e impostazione di studi che lo resero famoso.
Cesare Baronio ha espresso a Padre Filippo la propria gratitudine con abbondanza di testimonianze scritte ed orali; Filippo, assai parco nelle parole, ha testimoniato i suoi sentimenti per il discepolo soprattutto con una costante opera di formazione; forse la sua testimonianza verbale più alta è un gesto che il Ricci riporta in un breve profilo biografico del Baronio: «Vedendolo già d’età grave ma con semplicità e umiltà di fanciullo soleva dire di lui: “ecco il mio novizio” ».
Giunto a Roma da Napoli nell’autunno del 1557 per proseguire alla “Sapienza” gli studi di legge, Cesare iniziò quasi subito a frequentare gli incontri dell’Oratorio, dove Padre Filippo, con una delle sue straordinarie intuizioni, volle che si dedicasse a raccontare la storia della Chiesa.
Era il più dotato intellettualmente ed il più colto, ma la sua semplicità risulta evidente anche da quanto egli scrive alla madre, in una lettera del 2 gennaio 1561, presentando se stesso nel rapporto con Padre Filippo: «Un pulcino sotto l’ale de la biocca […] allegro e contento e tutto satisfatto».
Baronio ebbe sempre chiarissima consapevolezza che doveva tutta la sua formazione spirituale ed intellettuale a Filippo ed al suo ambiente e ne diede ripetute testimonianze: nella famosa dedica a Padre Filippo del tomo VIII degli Annales, sulla quale merita ricordare le osservazioni di valenti studiosi quali Hubert Jedin, Antonio Cistellini, Maria Teresa Bonadonna Russo; ma ancor più nella dichiarazione di grata riconoscenza per Roma che lo accolse “vagante giovinetto e senza fremo e lo pose discepolo sotto il giogo di Cristo”, dove è evidente che i sentimenti di gratitudine sono fondamentalmente espressi alla città per avergli fornito l’occasione di incontrare Padre Filippo ed il cenacolo filippino, di cui il Baronio farà l’esplicito elogio nel I tomo degli Annales, quando, in relazione all’anno 57, presenterà il rinnovarsi in Roma, nel proprio tempo, della esperienza della primitiva comunità cristiana.
Primo tra i discepoli di Filippo a ricevere l’ordinazione sacerdotale, egli iniziò a S. Giovanni dei Fiorentini, di cui Filippo Neri aveva dovuto accettare la cura pastorale, la vita comunitaria nel 1564, l’anno che gli storici definiscono l’anno primo della Chiesa post-tridentina. E dovette accollarsi le mansioni più umili, come quella di attender alla cucina; ma egli – che pure, in un moto di stanchezza condita di ironia, scrisse sulla cappa del camino “Caesar Baronius coquus perpetuus” – non mostra di esserne scontento: «In casa nostra – scriverà al padre l’11 aprile 1569 – non si sente né carestia né tribulatione altra esteriore; ho paura di aver qua il Paradiso».
L’impegno nello studio, intanto, cresceva visibilmente: sul copioso materiale reperito nel preparare i sermoni sulla storia della Chiesa, il Baronio lavorava alla stesura degli Annales Ecclesiastici, il cui primo tomo avrebbe visto la luce nel 1588.
Sono gli anni in cui la giovanissima Congregazione dovette affrontare i problemi e le fatiche legati a imprese, anch’esse colossali, dei suoi inizi, tra cui la costruzione dalle fondamenta della Chiesa Nuova.
Baronio, che pure fu esentato nel 1581 dall’incarico della parrocchia “acciò possa comodamente attendere all’Istorie ecclesiastiche”, non poteva essere del tutto esonerato da ogni ufficio. Sull’impegno del confessionale, poi, Padre Filippo non transigeva; ed era quello che al Baronio più pesava per le varie «faccende – scrive egli stesso – a questo officio congiunte: come visitare infermi, trattar paci, andar per tribunali e carceri et altre cose simili, quali mi tengono talmente occupato e distratto che mi tolgono la gran parte del tempo».
L’affetto e la stima di Padre Filippo verso il discepolo non furono mai in discussione, neppure nei momenti in cui l’azione formatrice di Filippo parve imporsi con una durezza che poté dare a p. Cesare l’impressione di non essere amato da quel Padre a cui si era totalmente affidato e che solo desiderava compiacere.
E’ vero che, quanto a temperamento e stile, il lieto e signorile fiorentino ed il poco raffinato e piuttosto malinconico sorano non possedevano molte affinità, ma è variamente testimoniato l’affetto del Padre nelle attenzioni rivolte a Cesare: che il Baronio prendesse, ad esempio, il necessario nutrimento; o nel fornirgli aiuto in cose materiali, verso le quali Cesare aveva davvero scarsa propensione; e in occasione di diverse infermità durante le quali sempre gli fu vicino, spesso ottenendogli una improvvisa guarigione, come nel caso del 1572, testimoniato dallo stesso Baronio.
Per la stima che nutriva verso il discepolo, dimettendosi dall’incarico di Preposito nel 1593, Padre Filippo volle il Baronio come suo successore nel governo della Congregazione, mostrando concretamente al suo figlio spirituale quanta fosse la considerazione in cui lo teneva, «al di là di ogni suo possibile atteggiamento esteriore – scrive la Bonadonna Russo – compresi quegli scherzi e quelle imposizioni che, ad un carattere come quello del Baronio, così poco disponibile all’umorismo, potevano sembrare particolarmente umilianti».
Edoardo Aldo Cerrato, C.O.