Riportiamo un interessante articolo a firma di Angelo Siro tratto da “Il Papa in Sri Lanka – La diversità fonte di arricchimento” e pubblicato sulla rivista trimestrale Filatelia Religiosa Flash(64, 2015).
Canonizzazione di San José Vaz
Il motivo principale della sua visita pastorale in Sri Lanka è la canonizzazione del missionario indiano beato Joseph Vaz, “il cui esempio di carità cristiana e di rispetto per ogni persona, senza distinzione di etnia o di religione, continua ancor oggi ad ispirarci e ammaestrarci”.
Oltre 500mila sono i partecipanti alla Messa per la Canonizzazione nel Parco urbano Galle Face Green di Colombo. Lo stesso luogo, diviso tra terra e mare, dove vent’anni fa, il 21 gennaio 1995, San Giovanni Paolo II proclamò Beato il missionario oratoriano. José Vaz ,nato in India nel 1611 da famiglia portoghese, approdò nello Sri Lanka per sostenere la fragile comunità cattolica durante la persecuzione dei calvinisti olandesi e morì nel 1711 a Kandy consumato dalle molteplici fatiche del suo apostolato.
Una santità il cui eco arriva fino ai giorni nostri, dove padre Giuseppe – evidenzia il Papa – rappresenta “un esempio e un maestro per molte ragioni… fu un sacerdote esemplare”: tutti i religiosi e le religiose sono chiamati quindi “a guardare a questo santo come a una guida sicura”. Perché lui “ci insegna ad uscire verso le periferie”.
E’ esempio “di paziente sofferenza per la causa del Vangelo, di obbedienza ai superiori, di amorevole cura per la Chiesa di Dio”. Giuseppe Vaz dimostra poi “l’importanza di superare le divisioni religiose nel servizio della pace” e di aprirsi all’amore per i bisognosi “chiunque e dovunque essi fossero”.
Una testimonianza che ispira la Chiesa in Sri Lanka, la quale, senza alcuna “distinzione di razza, credo, appartenenza tribale, condizione sociale o religione”, serve “generosamente” tutti i membri della società attraverso scuole, ospedali, cliniche e altre opere di carità. Padre Vaz – aggiunge il Pontefice – “ci insegna che l’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti”.
Il missionario giunse infatti a Ceylon per soccorrere e sostenere la comunità cattolica, ma nella sua carità evangelica “arrivò a tutti”, perché “sapeva come offrire la verità e la bellezza del Vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto, dedizione, perseveranza e umiltà”.