Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa della Presentazione di Gesù al Tempio, il Martirologio Romano ricorda anche il dies natalis di una santa Caterina de’ Ricci: «A Prato in Toscana, santa Caterina de’ Ricci, vergine del Terz’Ordine regolare di San Domenico, che si dedicò a un’opera di rinnovamento religioso e si impegnò nell’assidua contemplazione dei misteri della passione di Gesù Cristo, meritando anche di farne una speciale esperienza mistica». Con lei Padre Filippo coltivò uno speciale rapporto di amicizia spirituale.
Di otto anni più giovane di Filippo, anche Caterina era nata a Firenze, come lui apparteneva ad una famiglia di fedele tradizione savonaroliana ed aveva ricevuto il fondamento della sua educazione religiosa nel fervido ambiente di san Marco; come lui, fu arricchita di doni mistici particolari verso i quali mostrò sempre un umile ed intelligente distacco, desiderosa di dedicarsi piuttosto ad esprimere nella carità verso il prossimo il suo amore bruciante per Dio; come Filippo, «sempre lieta – dice un biografo – e con tanta grazia che chi la vede conosce esservi qualcosa di divino in quella faccia…» .
I due santi non ebbero mai la possibilità di incontrarsi, ma è certo che Filippo, vivendo a Roma ancora laico, fin dal 1541 conobbe la fama dell’estatica domenicana di Prato e delle sue esperienze soprannaturali; dovette sentirne parlare soprattutto nell’ambiente domenicano della Minerva, e per averne «certa e vera notizia» si rivolse direttamente a qualcuno che era molto vicino a suor Caterina, ricevendone in risposta la lunga lettera conservata con cura dal santo e nota sotto il titolo di “Revelatione di una B. serva di Dio dell’Ordine dei Predicatori di Prato”, documento prezioso che Filippo aveva fatto circolare fra i suoi amicii, con discrezione ma con sicura convinzione.
In quegli anni – e sono quelli in cui Filippo si preparava al grande passo della decisione per la vita sacerdotale – inizia pure, con ogni probabilità, il rapporto epistolare tra i due santi, un carteggio che divenne consistente col passare del tempo, e che ci rivela, pur nell’esiguità di ciò che è rimasto, la profonda confidenza che tra loro si sviluppò. «Si rivela in questi cenni – scrive M. T. Bonadonna Russo, apprezzata studiosa di cose oratoriane – un lato inedito ed umanissimo della personalità del Neri, di solito riservato e gelosissimo dei propri sentimenti; ma questo suo fiducioso abbandono appare tanto più significativo […] anche e soprattutto perché sembra che Caterina abbia rappresentato per san Filippo l’abituale depositaria delle angosce che lo agitarono in diverse epoche della sua vita. […] Da questa affinità spirituale e reciproca stima sbocciò una salda amicizia a cui poco a poco cominciò a pesare sempre più intensamente l’impossibilità di una conoscenza diretta, desiderata da entrambi, come testimonia al Processo canonico il Crescenzi. Arriviamo così all’avvenimento più straordinario di quel rapporto. Quello che le condizioni oggettive rendevano umanamente impossibile si realizzò per vie soprannaturali e misteriose: san Filippo conobbe personalmente Caterina. […] Ne parlò san Filippo in più occasioni, contravvenendo per una volta e a suo modo alla regola che si era imposto di non divulgare le sue esperienze soprannaturali. Lo rivelò infatti, ma indirettamente e “quasi burlando”, ai suoi figli spirituali più antichi e più cari, Antonio Gallonio, Giovanni Lucci, Giacomo e Giovambattista Crescenzi: tutti costoro concordano nel dire di aver intuito il fatto straordinario dall’insistenza con cui Filippo accennava alla poca rassomiglianza dei ritratti di lei che gli venivano mostrati, affermando, per es. al Gallonio, che suor Caterina “era più bella”, e a Francesco Zazzara che “haveva il viso allegro e gioviale”. Solo con Lodovico Parigi se ne uscì a dire, a proposito di una persona ritenuta “spirituale”: “perché non è apparsa a me come suor Caterina da Prato?”, mentre con lo Zazzara – che gli annunciava che sr. Caterina aveva affermato di aver incontrato Padre Filippo – il Padre arrivò ad ammettere, a mezza bocca, l’effettiva realtà dell’incontro: “se lo dice lei, lo dico anch’io”».
Per quasi mezzo secolo la mistica pratese, con i suoi scritti e la sua vicinanza spirituale fu una presenza costante nella vita e nell’attività non solo di san Filippo, ma di tutto l’Oratorio.
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Il 2 febbraio 1590 Caterina chiudeva gli occhi in terra per aprirli eternamente su quel Volto che aveva intensamente contemplato. Era nata il 25 aprile 1523 da Pierfrancesco de’ Ricci e Caterina Panzano e ricevette il nome di Sandrina. Rimasta orfana di madre a cinque anni, fu accolta nel monastero benedettino di S. Pietro in Monticelli, la cui badessa era una sua zia. Fin dall’infanzia si sentiva spinta da impulsi interiori alla meditazione della Passione, in cui si incentrerà tutta la sua futura vita spirituale. Desiderando abbracciare la vita religiosa, visitò diversi monasteri, ma dopo aver visto come in molti Ordini lo spirito religioso fosse affievolito, scelse il monastero domenicano di S. Vincenzo di Prato, fondato da un ventennio. L’opposizione del padre fu forte e Caterina fu sul punto di morire. Guarita prodigiosamente ed ottenuto il consenso paterno, il 18 maggio 1535, appena dodicenne, entrò nel monastero di S. Vincenzo e prese il nome di Caterina. Circondata all’inizio dalla diffidenza delle consorelle che non comprendevano i suoi atteggiamenti estatici e le grazie straordinarie di cui era dotata, fu sul punto di essere dimessa alla vigilia della professione religiosa (24 giugno 1536), ma riuscì ad ottenerla con lacrime e preghiere.
In Caterina si alternavano fasi di malattie straordinarie e straordinarie guarigioni, come quella avvenuta improvvisamente nella notte tra il 22 e il 23 maggio 1540, anniversario della morte del Savonarola. Con eroica sopportazione e con docile umiltà la giovane suora seppe cattivarsi a poco a poco l’ammirazione e il rispetto delle consorelle. I tormenti fisici e morali furono la preparazione a prove ben più straordinarie che conosciamo, in parte, attraverso i “Ratti”, rivelazioni fatte alla maestra di noviziato, suor Maddalena Strozzi.
Il primo giovedì di febbraio del 1542, ebbe la prima estasi della Passione, fenomeno mistico che si ripeté settimanalmente per dodici anni: dal mezzogiorno dei giovedì alle ore 16 del venerdì, riviveva momento per momento le diverse fasi del Calvario nella più intima comunione spirituale con la Vergine, e per l’intero corso della settimana portava impressi nella carne i segni di un’atroce sofferenza. La notizia del fenomeno fu ben presto conosciuta anche al di fuori del monastero e procurò l’intervento delle autorità, tra cui il generale delI’Ordine, Alberto Las Casas. Poiché anche nell’ambiente della Curia Romana si parlava dello straordinario caso di Caterina, il Pontefice Paolo III inviò un cardinale ad esaminarla esame, e l’esito fu favorevole.
Il 9 aprile 1542 a Caterina fu concesso l’anello del mistico sposalizio; il 14 dello stesso mese ricevette le stimmate, che rimasero visibili sul suo corpo; nel Natale successivo le fu promessa una corona di spine, le cui punture la trafissero fino alla morte. Successivamente fu favorita di altre visioni che la facevano meditare sullo stato delle anime, su quello della sua comunità e sulle condizioni della Chiesa, dilaniata dalla rivolta protestante, e in cui sentiva potente l’invito del Signore ad offrirsi in sacrificio per l’unità della sua Sposa.
Resa immagine del Crocifisso e arricchita di doni spirituali, Caterina iniziò allora una silenziosa e feconda azione apostolica di cui rimane testimonianza il ricchissimo epistolario.
Si formò intorno a lei un gruppo di discepoli, conquistati talvolta miracolosamente, che ricorreranno a lei per preghiere, consigli, beneficenza; intrecciò relazioni epistolari, oltre che con s. Filippo Neri, con s. Carlo Borromeo, s. Maria Maddalena de’ Pazzi, il ven. Alessandro Luzzago, con la famiglia granducale dei Medici, con la madre di Cosimo I, con Giovanna d’Austria, con Bianca Cappello e coi Capponi, gli Acciaioli, i Rucellai, i Salviati, i Buonaccorsi. Ma l’azione più feconda che Caterina svolse fu nel suo monastero, dove molte volte fu eletta sottopriora e priora per ben sette bienni durante i quali la comunità fiorì materialmente e numericamente, contando persino centosessanta religiose, e si perfezionò spiritualmente, divenendo un modello di regolare osservanza.
La meditazione della Passione, che era il fulcro della spiritualità di Caterina, fu espressa per la comunità con il Cantico della Passione, composto di versetti scritturali e passato nelle pratiche abituali dell’Ordine nei venerdì di Quaresima.
Beatificata nel 1732, nel 1746 fu iscritta nella’lbo del santi.
L’Ordine Domenicano la ricorda il 4 febbraio.
e. a. c.