“Stabat mater” alla Vallicella

Il P. Procuratore Generale introduce l’esecuzione dello “Stabat mater” di Pergolesi eseguito in S. Maria in Vallicella dall’Orchestra “Camerata del Titano” diretta dal M° Augusto Ciavatta; soprani Daniela Uccello e Gabriella Sborgi: un omaggio a San Filippo Neri e alla Chiesa Nuova dell’amico M° Romano Valentini, direttore artistico di “Creator-Faenza Musica Sacra”.

Riportiamo il testo della meditazione di P. Edoardo A. Cerrato. 

Siamo entrati ieri nella Settimana Santa, con la Domenica delle Palme che ho avuto la gioia di celebrare a Città del Messico, nella più recente delle Congregazioni messicane, nata quindici anni fà in una zona povera della immensa metropoli; ho ancora negli occhi e nel cuore l’immagine della folla festante che riviveva l’ingresso trionfale di Cristo a Gerusalemme; soprattutto ho nel cuore quei canti a Cristo Rey, gli stessi cantati dai Martiri messicani mentre ofrivano al loro Re la vita, in un atto di convinta fedeltà!

Ci accompagna anche quest’anno, negli ultimi passi del cammino verso la celebrazione della Risurrezione del Signore, Maria, che ogni anno saliva a Gerusalemme per Pasqua.
La contempliamo questa sera ai piedi della croce, mentre la sinfonia di Antonio Vivaldi “Al Santo Sepolcro” già ci ha introdotti in questo momento di preghiera e di ascolto.

“Stabat” dice di lei l’evangelista Giovanni: era in piedi, in un gesto quasi sacerdotale di offerta, lei che, con il suo “eccomi” detto a Nazareth, con l’offerta di sé al progetto di Dio, è diventata la “terra santa” in cui il Signore ha dato inizio ad una storia nuova: davvero nuova, nonostante tutte le apparenze in contrario, nonostante la “sfinitezza mortale” dell’umanità che oggi – Lunedì Santo – la Chiesa presenta a Dio in preghiera. 

“Stabat”: in piedi, non orgogliosamente, non perché il dolore non la accasciasse, ma perché sulla croce in piedi è il Figlio; e la Madre è sua discepola, la creatura umana a Lui più conformata.
Quando il grande Caravaggio la dipinse per la Chiesa Nuova nella tela della Deposizione di Cristo, proprio così la volle rappresentare nell’abbraccio al Figlio morto, portato al sepolcro da Giovanni e da Nicodemo: la braccia allargate, come Cristo sulla croce; il volto reclinato, come Cristo sulla croce. 
Maria è la “prima discepola del Signore”, cristificata pienamente, resa conforme al Figlio, e quindi modello di ogni discepolo che solo in questa crescente conformità al Maestro relaizza il suo essere discepolo.

“Stabat mater”. Giovanni – l’unico degli apostoli presente sul Calvario, sotto la croce del Signore – molte volte nei pochi versetti del suo vangelo dedicati all’episodio sottolinea che chi “stabat” era “la madre”.
Diventata madre a Nazareth in quell’abbraccio misterioso in cui concepì dallo Spirito Santo il Figlio unigenito di Dio, divenuto da quel momento suo figlio, suo vero figlio, un bimbo da portare in grembo, e poi da dare alla luve, da nutrire al suo seno, da proteggere e far crescere…, la sua maternità, ai piedi della croce, è dilatata da Cristo a sconfinate dimensioni: madre di Giovanni, madre dei discepoli, madre di tutti gli uomini chiamati a diventare discepoli! In quel momento è come se il grembo di Maria tornasse ad aprirsi per accogliere in germe la nuova umanità.

“Stabat mater dolorosa, iuxta crucem lacrymosa, dum pendebat Filius”.
Inizia così la stupenda preghiera – una sequenza del XIII secolo – attribuita a Jacopone da Todi, tanto amato da Padre Filippo.
La prima parte del testo è una meditazione sulla sofferenza di Maria durante la Passione e la Crocifissione di Cristo.
La seconda – che si apre con il grido orante “Eia, mater, fons amoris” – è l’invocazione del cristiano che chiede a Maria di renderlo partecipe del dolore della Madre e del Figlio.

Preghiera e canto popolarissimo che accompagna ancor oggi la Via Crucis e le processioni del Venerdì Santo; amato da intere generazioni di colti musicisti – oltre quattrocento – che lo hanno musicato in tempi e modi diversi: come non ricordare Scarlatti, Pergolesi, Boccherini, Rossini, Verdi, Donizzetti, Haydn, Vivaldi…?
Questa sera lo ascolteremo nella versione musicale di Pergolesi, eseguita dall’orchestra “Camerata del Titano”, di San Marino, diretta dal M° Augusto Ciavatta, e nel canto dei soprani Daniela Uccello e Gabriella Sborgi. 

Il racconto del dolore della Madre di tutte le madri, nel testo di Jacopone, diventa un inno alla vita che ha la sua conclusione solenne, maestosa, oltre che nel “Quando corpus morietur”, nella potenza dell’Amen finale. 
Di Maria, Jacopone indica la qualità più forte: la Vergine Madre, ritta ai piedi della croce, spinge ognuno ad immedesimarsi nell’offerta del Figlio al Padre, poiché solo nell’offerta il dolore lascia trasparire la sua misteriosa, ultima positività. Come è stato stupendamente scritto: “La vita è bella perché è una promessa fatta da Dio con la vittoria di Cristo. Perciò, ogni mattina che sorge, qualunque sia la nostra situazione, anche la più sofferta immaginabile, è un bene che sta per nascere sul confine del nostro orizzonte di uomini”. 
Perché? 
Perché “io riconosco, Signore, che tutto da Te viene, tutto è grazia, gratuitamente dato, misterioso, che io non riesco a decifrare, ma che accetto secondo le circostanze di ogni giorno, e Te lo offro: tutte le mattine Te lo offro, e cento volte al giorno Te lo offro, se Tu hai la bontà di farmelo ricordare” (don Giussani).

Entriamo con Maria nella grande Offerta! 
Buona Pasqua.

p. Edoardo Aldo Cerrato, C.O.