Festa del B. Sebastiano Valfré

Si chiude con la festa odierna del B. Valfré il III centenario della morte dell’insigne discepolo di san Filippo Neri e cofondatore della Congregazione dell’Oratorio di Torino. Il nono fascicolo di “Annales Oratorii”, in distribuzione in questi giorni, riporta ampia cronaca delle manifestazioni che il centenario ha suscitato ed il P. Procuratore Generale, che le ha avute profondamente a cuore, esprime la più viva soddisfazione ed il sincero ringraziamento a coloro che ne sono stati solerti artefici. Tra questi, un plauso particolare rivolge a Daniele Bolognini, autore, fra l’altro, del profilo del beato Valfré edito dalla Velar, L.D.C. per l’inizio delle celebrazioni centenarie, come pure del profilo – recentemente pubblicato dalla stessa Editrice – di un lontano discepolo del beato Valfré, l’oratoriano torinese p. Felice Carpignano, di cui ricorre il II centenario della nascita: figura insigne di pastore e di consigliere spirtuale a cui si sono affidati alcuni dei più grandi santi della Torino del XIX secolo. 

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SS. Papia e Mauro

Di questi santi martiri di Roma – ricordati negli Itinerari del VII secolo come sepolti nel Coemeterium Maius sulla via Nomentana – furono rinvenuti i resti nel 1590 in S. Adriano al Foro e donati dal card. Agostino Cusano, titolare della chiesa, a S. Maria in Vallicella, dove furono posti sotto l’altare maggiore il 23 maggio del 1599, unitamente a quelli di Domitilla, Nereo e Achilleo; alcune reliquie furono usate il 16 maggio del 1725 per la consacrazione dell’altare della cappella di S. Filippo Neri, il quale con tanto fervore aveva accolto quei corpi santi che giungevano processionalmente nella chiesa da lui costruita e ancora fresca di calce. Si colloca in questo contesto di estatica preghiera, il buffo gesto di Padre Filippo che, per distogliersi dall’estasi e nascondere il suo fervore, iniziò a tirar le barbe delle guardie svizzere in servizio d’ordine sul sagrato. La Congregazione dell’Oratorio li ha come Santi Patroni fin da quei tempi.
 

Il Martirologio Romano, al 29 gennaio recita: A Roma, sulla via Nomentana, il natale dei santi Martiri Papia e Mauro soldati, al tempo dell’Imperatore Diocleziano. Alla prima confessione di Cristo, Laodicio, Prefetto della città, fece percuotere loro la bocca con sassi, poi li fece gettare in prigione, e quindi percuotere con bastoni, e da ultimo con flagelli, finchè ne morirono.

Cacciaguerra all’Oratorio di Roma

Il P. Procuratore Generale partecipa al sermone dell’Oratorio Secolare di Roma in cui la dr.ssa M. Teresa Bonadonna Russo presenta “Un nuovo profilo di Bonsignore Cacciaguerra”. Ne diamo una sintesi preventiva – preparata dalla stessa relatrice – in attesa del testo completo steso per la pagina culturale dell’Osservatore Romano.

La pubblicazione (2005) dell’Autobiografia di Bonsignore Cacciaguerra pone il personaggio in una prospettiva del tutto diversa da quella fornita nel secolo XVIII da Giuseppe Marangoni (l’unica conosciuta finora), perché il fine agiografico che si proponeva questo sacerdote di S. Girolamo della Carità stravolge completamente il testo cacciaguerriano. Lo scopo di Bonsignore consisteva infatti nel fornire una testimonianza sincera del percorso che lo aveva condotto dal peccato alla salvazione; ma raccontandone le tappe, finisce col fornire un quadro vivacissimo, e per certi versi inedito, della realtà sociale e religiosa cinquecentesca, che egli visse con l’intensità propria del suo carattere impetuoso e sanguigno.
 

Della sua vita mondana ricorda le sue esperienze di mercante, del suo percorso penitenziale racconta il suo pellegrinaggio a S. Giacomo di Compostella, del suo magistero sacerdotale sottolinea lo sforzo che gli costò la diffusione della frequenza quotidiana ai sacramenti dell’Eucarestia e della Confessione.
 

Della società di Roma, dove giunse, già sacerdote, nel 1550, conobbe soltanto l’aspetto più miserabile e lo soccorse con la concreta efficienza della sua mentalità mercantile; della sua vita religiosa condivise soprattutto quella della Comunità gerolimina presso piazza Farnese, dove dimorò nei suoi anni romani, e dove conobbe san Filippo Neri. Di S. Girolamo fornisce un quadro del tutto diverso da quello edificante dipinto dal Marangoni, e ancora fortemente invischiato in interessi e vanità mondane. Ai suoi rapporti con san Filippo non accenna mai, anche se la comune residenza a S. Girolamo rese in realtà inevitabile la conoscenza fra i due.

L’opera del Marangoni scaturisce proprio dal desiderio di ricostruire questo rapporto, che egli descrive come una sorta di discepolato del più giovane padre Filippo il quale dalla scuola del più anziano ed esperto Cacciaguerra avrebbe tratto gli spunti su cui costruire la sua azione futura. Certamente la convergenza degli interessi e l’identità del clima spirituale negli anni della loro formazione determinarono alcuni punti di contatto fra i due, di cui il più giovane può anche essere considerato l’erede dell’altro, ma solo nel senso di riconoscere nel Cacciaguerra il seminatore di una messe che san Filippo fece crescere e fruttificare in base a criteri autonomamente rielaborati secondo la propria originalissima personalità nella struttura che si chiamò Oratorio.

M. T. Bonadonna Russo

Festa del B. José Vaz

Il P. Procuratore Generale celebra la S. Messa nel ricordo del Beato José Vaz, commemorando il III centenario del dies natalis del grande oratoriano, apostolo dello Sri Lanka. Riportiamo l’omelia che presenta la sua figura in relazione alle letture della S. Messa domenicale.

All’inizio della celebrazione ai numerosi fedeli presenti è annunciato il dono dell’Indulgenza plenaria concessa da Sua Santità Benedetto XVI e dinanzi all’icona del Beato è recitata la seguente preghiera composta per il III centenario:

Hai attraversato la Tua terra,
piccolo brahmino di Cristo,
e hai raggiunto un altro suolo,
pellegrino del Dio fatto uomo.
A piedi nudi lo hai percorso,
messaggero di lieto annuncio;
con cuore ardente lo hai amato,
libero servo della carità di Cristo,
Tu e non più Tu: in Te viveva Lui,
e la vita che Tu vivevi nella carne
nella fede la vivevi del Figlio di Dio.

Una nuova patria Ti è stata donata
nell’Isola che “lacrima dell’India”
era chiamata nella Tua terra natale.
Il Tuo corpo consunto dalle fatiche
ora è terra di quella terra: non ossa
da venerare in un sepolcro, ma seme
che cestisce e fiorisce e dà frutto.

La Chiesa che, sfidando la morte,
hai tratto dai nascondigli della paura
sulla Tua fede ancora appoggia la sua;
a Te, Maha Swamy, il Padre grande,
essa guarda per scoprire, sul cammino
di sempre, i passi del tempo nuovo.

Apostolo del Tuo continente,
missionario dell’Asia per l’Asia,
anche i figli di Padre Filippo,
dall’Europa, dalle Americhe e dall’Africa
a Te guardano per essere uomini
appassionati della gloria di Cristo,
missionari nuovi nelle loro terre.