Ricordo di tre Pontefici: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI

Roma, 28 giugno 2008

La Procura Generale ricorderà nei prossimi mesi gli anniversari di tre grandi Pontefici verso i quali l’amore dell’Oratorio per il Vicario di Cristo si colora anche dell’amabile ricordo della devozione da essi coltivata verso S. Filippo Neri e la sua Istituzione: in ordine cronologico, il 30.mo della morte del servo di Dio Paolo VI (6 agosto), il 50.mo della morte del servo di Dio Pio XII (9 ottobre), il 50.mo della elezione del beato Giovanni XXIII.
 

Nell’attesa di celebrare questi anniversari nelle date in cui ricorrono, proponiamo con riconoscenza – nella vigilia della solennità dei SS. Apostoli Pietro e Paolo – il loro ricordo.


PIO XII

Pubblichiamo una rarissima fotografia del giovane Eugenio Pacelli, membro del “Collegio Vallicelliano”, istituito per la formazione spirituale e il servizio liturgico in Chiesa Nuova, dedicata nel 1887 a P. Giuseppe Lais, allora Prefetto. Salito alla Cattedra di Pietro il 2 marzo 1939, Pio XII rievocava con commozione anche “la figura alta, gracile, sempre raccolta, tutta umile e con gli occhi bassi” del servo di Dio P. Giulio Castelli, venuto dall’Oratorio di Torino per servire la Vallicella dal 1889 al 1895 e, rallegrandosi del processo di beatificazione, si augurava di poter essere lui stesso a proclamarne la santità.

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Eugenio Pacelli era nato il 2 marzo 1876 accanto alla Chiesa Nuova; qui – come ricorda la lapide dedicatagli in occasione del suo Giubileo Episcopale – celebrò una delle sue prime Messe; e c’è il confessionale in cui, giovane prete, esercitò il ministero della Penitenza. Il suo amore per S. Filippo Neri e per la Chiesa Nuovariecheggia ancora nel discorso che l’Angelico Pastore rivolse, pochi giorni prima di morire, ai Padri del Congresso Generale Filippino, ricevuti in privata Udienza a Castel Gandolfo, il discorso del 2 ottobre 1958 che suggestivamente inizia: 

“Fin dagli anni della Nostra giovinezza abbiamo incominciato ad amare in modo particolare il vostro Istituto e nella chiesa che in quest’Alma Roma è affidata alle vostre cure abbiamo esercitato per i fedeli qualche servizio del Nostro sacerdozio. Oggi, mentre Ci è dato di vedervi alla Nostra presenza e di parlarvi con paterno animo, Ci pare che quel ministero di singolare carità in qualche modo si rinnovi. Desiderando, come voi stessi desiderate, di infondervi coraggio nel proseguire rettamente nelle vostre iniziative e nelle vostre opere, questo in primo luogo vi raccomandiamo: di impegnarvi con zelo a rivestire, per dir così, quella apostolica forma di vita di cui risplendette il vostro fondatore San Filippo Neri”.

In ripetute occasioni il Sommo Pontefice manifestò la sua benevolenza verso i Padri dell’Oratorio: permise che il Collegio Internazionale Filippino portasse il suo nome;ricevette con amabilità paterna i partecipanti ai Congressi Generali del 1942, del 1948 e del 1958; si compiacque delle cele-brazioni del centenario della conversione di Newman, della Pentecoste di fuoco di S. Filippo, della consacrazione sacerdotale del Santo; benedisse ogni anno i partecipanti alla Visita delle Sette Chiese, a cui egli pure, da Cardinale, qualche volta partecipò; fu lui a confermare nell’Udienza del 12 aprile 1943 le rinnovate Costituzioni e gli Statuti Generali dell’Institutum Oratorii; fra il 1946 ed il 1953 manifestò il suo amore per l’Oratorio anche con ripetuti aiuti alla Congregazione di Roma nella costruzione del complesso della Garbatella.

Tra le numerose testimonianze della sua benevolenza verso la Congregazione dell’Oratorio e le sue radici, riportiamo il testo di un prezioso chirografo inviato al Preposito di Roma in occasione del IV centenario (1944) della “Pentecoste” di S. Filippo Neri: 

“E’ richiamo e conforto inatteso alla tenera pietà da Noi nutrita fin dall’infanzia per il caro San Filippo Neri la imminente data, quattro volte centenaria, del singolare carisma di carità onde l’Apostolo di Roma fu privilegiato da Dio con la visibile dilatazione del cuore. Il solenne ricordo del prodigio nuovo, col quale piacque alla divina Bontà di confermare sensibilmente la santità del Suo servo e in particolar modo il suo impeto di amore per il divin Maestro Gesù, per la sua Madre Maria e per la salute delle anime, cade quanto mai opportuno in un’ora in cui gli uomini – e per di più talora i cristiani – nulla hanno così dimenticato come questo supremo amore che assomma la religione e la civiltà, ed è quindi la sicura garanzia della felicità delle nazioni e degli uomini tutti. Pertanto, presenti con viva soddisfazione dell’animo Nostro a codesta celebrazione, mentre Ci portiamo in spirito a quella che fu la dimora di così amabile Santo ed il testimonio delle sue mirabile gesta e del suo serafico amore, il Nostro pensiero va soprattutto alla cieca furia degli odi scatenati dal flagello della guerra; e all’intercessione di Filippo chiediamo che siano risparmiati all’afflitta umanità, in particolar modo alla diletta Roma, ulteriori mali, lutti e dolori, e a tutti sia dato di ritornare fratelli sotto i segni di Gesù Cristo, Principe della Pace. Con questi sensi rinnoviamo al Protettore della Nostra prima età l’espressione del Nostro affetto e della Nostra riconoscenza…” 


GIOVANNI XXIII

Il beato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli 1881-1963) amò l’Oratorio fin dagli anni in cui lo conobbe attraverso gli studi sull’azione pastorale di S. Carlo Borromeo e quelli sul Ven. Cesare Baronio, alla cui figura dedicò una pubblicazione giovanile, riedita a cura di Giuseppe De Luca quando l’Autore era ormai salito alla Cattedra di Pietro: ANGELO GIUSEPPE RONCALLI, Il Card. Cesare Baronio, in “La Scuola Cattolica”, XXXVI, 1908, vol. XIII, pp. 3-29; Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1961. Per il suo stemma di Vescovo e poi di Papa, Angelo Giuseppe Roncalli – che si era iscritto negli anni della sua prima residenza romana all’Oratorio Secolare di Roma – assunse il motto baroniano “Oboedientia et pax”. 

Non fu una scelta casuale, ma espressione della devota ammirazione che, fin dagli anni della giovinezza sacerdotale, il Roncalli aveva nutrito nei confronti dell’autore degli “Annales”, testimoniata con tanti gesti fin sulla soglia del Conclave, quando, in tutta semplicità, si recò alla Chiesa Nuova per visitare la tomba di S. Filippo Neri e del Baronio (cfr. A. LAZZERINI, Giovanni XXIII, Roma, 1958, p. 75), o quando, nei primi giorni di Pontificato, ritornando dalla presa di possesso della Cattedrale di Roma, si tolse rispettosamente il cappello davanti alla nostra chiesa affermando: “Ci sono le tombe di S. Filippo e del Baronio” (ID., op. cit., p. 160). Qualche anno più tardi, il 26 maggio 1960, novant’anni dopo l’ultima visita di un Papa – compiuta da Pio IX prima degli eventi storici del 1870 – volle visitare queste memorie a lui care giungendo all’improvviso, tra la lieta sorpresa dei Padri, mentre si trovava a passare davanti alla Chiesa Nuova. Il Cardinale Giovanni Lajolo ha raccontato, all’inizio alle celebrazioni del IV Centenario del Baronio, un particolare gustoso che ha il sapore di un “fioretto”: l’allora don Giovanni Lajolo stava celebrando all’altare di S. Filippo; l’improvviso arrivo del Santo Padre fece sospendere per qualche istante la celebrazione per permettergli di raccogliersi in preghiera davanti all’urna del Santo. Terminata la Messa il chierichetto che la serviva, tornando in sacrestia, disse con il tono un po’ sostenuto di chi, a Roma, ai grandi eventi è abituato: “però ce poteva pure avvisà!”.

Riguardo al Baronio, bella rimane la dichiarazione contenuta nella conferenza del1907, dove non mancano osservazioni personali che, esaminate alla luce della storia successiva, contengono in nuce e svelano il segreto dell’intero Pontificato di Giovanni XXIII:

«Il motto del Baronio non dimentichiamolo mai. Il gran Baronio ci guarda. Ripetiamo col cuore sulle labbra: oboedientia et pax. Quale grandezza vorrà essere anche la nostra un giorno: sulle vie dell’obbedienza, salire esultanti alle gloriose conquiste della pace». 

Anche la decisione di concedere a don De Luca la facoltà di ristampare la conferenza degli anni giovanili si colloca nell’ambito dell’ammirata venerazione di Angelo Giuseppe Roncalli per il Baronio e per S. Filippo. 

Nella Premessa alla ristampa don De Luca mette in luce che quel testo giovanile, lungi dal rivelarsi superato a causa del tempo trascorso o della natura dettata dall’occasione commemorativa, traccia, attraverso la lettura attenta dell’opera baroniana e l’esame dell’attività sacerdotale del discepolo di S. Filippo, un ritratto sommario ma efficace, che evidenzia l’unità dell’uomo Baronio, visto nel suo tempo, e del Baronio scrittore, autore cardine della storiografia ecclesiastica. Scriveva infatti il Roncalli: 
 

«La vita di lui in Roma, prete e cardinale, fu un richiamo per tutti ad una condotta meno mondana, più cristiana; ebbe un significato di rimprovero e di energica reazione contro il fasto di allora; fu un segno di ritorno alla purezza dei principievangelici. L’opera sua poi di scrittore, l’immortale opera sua, gli Annales ecclesiastici, furono una battaglia mirabilmente condotta, vinta con un trionfo contro i nemici della Chiesa; ed oggi ancora, tra il cadere di tante cosche non si ricordano più, rimangono là come un monumento». Baronio – afferma il giovane studioso, con una definizione che ha il valore di una potente sintesi – fu «profeta biblico che per primo lanciò il solenne grido di risurrezione, poiché mise i documenti della storia al servizio della verità».

Il “Giornale dell’anima” di Papa Giovanni riporta questa bella invocazione a san Filippo, sgorgata dal cuore:

«O mio buon padre Filippo, senza parlarvi voi mi intendete. Il tempo si avvicina; dov’è in me la vostra copia? Deh che io intenda i veri principi della vostra scuola mistica per la cultura dello spirito, e ne approfitti: umiltà ed amore. Serietà, serietà, beato Filippo, ed allegria santa, purissima, e slancio fecondo di grandi opere. Beato Filippo, aiutatemi a preparare la casa; accosto il mio petto gelido al vostro, bruciante d’amore, di Spirito Santo. Fac ut ardeat cor meum. Amen».


PAOLO VI


Nato a Concesio e cresciuto a Brescia nella stretta relazione che la sua famiglia aveva con i PP. Filippini della “Pace”, Giovanni Battista Montini (1897-1978) testimoniò il suo amore per l’Oratorio nell’amicizia costantemente coltivata con eccezionali figure della Congregazione bresciana: P. Giulio Bevilacqua (1881-1965) da lui creato Cardinale nel 1965 ed al quale, con delicato pensiero, il Papa assegnò in Roma la diaconia di S. Girolamo della Carità, inviandogli in dono, per la presa di possesso, una gabbia di canarini, ricordo della lieta semplicità di Padre Filippo; P. Ottorino Marcolini (1897-1978), a cui affidò, tra gli altri segni di considerazione, la costruzione del quartiere di Acilia, per i baraccati della periferia romana, in occasione dell’Anno Santo 1975; P. Carlo Manziana (1902-1997), nominato Vescovo di Crema, al quale Paolo VI indirizzò sempre parole affettuosissime ed espressioni di grande stima.

Fu intenso e filialmente devoto il rapporto di Giovanni Battista Montini-Paolo VI soprattutto con il P. Paolo Caresana (1882-1973) che, entrato nell’Oratorio di Brescia nel 1912, attratto dal ricordo dell’apostolo della gioventù P. Antonio Cottinelli e sulla scia del giovane Giulio Bevilacqua, fu Preposito nel 1928 ed ebbe parte notevole, accanto a P. Gemelli e ad Armida Barelli, nella diffusione della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, di cui fu Vice-assistente Centrale; dal 1934 al 1958 lavorò indefessamente a Roma, alla Vallicella, facendo rifiorire la Congregazione. Fu confessore di Giovanni Battista Montini e suo maestro spirituale fin dagli anni della giovinezza, come ampiamente documenta la pubblicazione dell’epistolario: P. CARESANA-G. B. MONTINI, Lettere. 1915-1973, a cura di X. TOSCANI, Quaderni dell’Istituto Paolo VI, Ed. Studium, Roma, 1998.

In occasione della morte di P. Caresana, Paolo VI scrisse: “La pia morte del Venerato P. Paolo Caresana rievoca nel Nostro animo quanto Noi stessi dobbiamo alla sua spirituale assistenza ed alla sua cordiale amicizia”. Il Procuratore Generale, giovane chierico nel 1973, conserva il dolce ricordo dell’Udienza a cui fu ammesso con P. Marcolini, durante la quale Paolo VI consegnò per la Vallicella un artistico Crocifisso a ricordo dell’amato maestro. 

Anche la Congregazione di Roma – presso la quale si stabilì il fratello del Pontefice, senatore Lodovico Montini (1896-1990), per tutto il tempo del suo mandato parlamentare, in un rapporto di fraterna amicizia con la Comunità – ebbe numerosi segni di stima e di benevolenza da parte di Mons. Giovanni Battista Montini, il quale per molti anni esercitò settimanalmente alla Vallicella il suo ministero sacerdotale in incontri spirituali con persone da lui dirette e qui volle celebrare il suo XXV di ordinazione presbiterale, accanto a P. Caresana, donando in ricordo di questa ricorrenza il restauro della “Sala Rossa” che conserva tanti preziosi ricordi di S. Filippo Neri.

Allora Sostituto alla Segreteria di Stato di Pio XII, mons. Montini si interessò con fervore – e con pari discrezione – alla costruzione della chiesa parrocchiale di S. Filippo in Eurosia e dell’Istituto scolastico “Cesare Baronio”, opere della Congregazione alla Garbatella, per le quali trovò nei cattolici americani Streicht e Bradley i benefattori munifici. Ricca di commoventi ricordi fu la visita che, divenuto Pontefice, fece alla Parrocchia il 19 febbraio 1967; come riamane memorabile la visita che egli fece alla Chiesa Nuova e all’urna di S. Filippo nel 1973, in occasione della chiusura dell’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani.