Venerabile Giovanni Matteo Ancina

Di sette anni più giovane del fratello, il beato Giovanni Giovenale Ancina, la storia di Matteo è strettamente legata alla sua ed è ad essa che bisogna continuamente riferirsi perché sono scarsissime le notizie indipendenti. Nati a Fossano, Giovenale nel 1545 e Matteo nel 1552, sin dalla giovinezza avevano entrambi deciso di consacrarsi nella vita religiosa ma tardavano a trovare un istituto che rispondesse alle loro inclinazioni vocazionali. Anche perché la condizione che si erano posti era quella di entrare insieme nello stesso convento. Tuttavia, la serietà del proposito è attestata dal compito affidato a Matteo da Giovenale mentre si trovava a Roma al seguito del conte Madrucci, ambasciatore della Savoia presso Gregorio XIII e dove veniva con stupore visto più attento alle predice e alle preghiere che agli affari: il prestigioso incarico era quello di rimanere ancora un po’ di tempo in Piemonte per liquidare i loro beni distribuendoli completamente ai poveri.
 

Ma ecco il colpo di scena: in quello stesso periodo Giovenale entrò quasi per caso in contatto con San Filippo Neri che lo conquisterà per sempre. E Francesco Tarugi completerà l’opera convincendolo a non cercare più oltre e a stabilirsi nell’Oratorio. Scrive così una lettera entusiastica a Matteo che lo raggiunse a Roma durante l’anno santo 1575. Egli stesso si confidò con Filippo ed entrarono in congregazione lo stesso giorno. Ordinato diacono in san Giovanni in Laterano il 9 giugno 1582 e sacerdote il 4 giugno 1583, è il primo oratoriano indicato nel libro delle ordinazioni della diocesi di Roma come appartenente alla Congregazione dell’Oratorio.
 

Lo ritroviamo poi nella casa di Napoli e in quella di Roma come deputato e segretario e soprattutto come prefetto dell’Oratorio, l’attività specifica per cui la congregazione era nata. Si distinguerà anche nella casa di Lanciano, sorta temporaneamente per l’amministrazione dell’abazia territoriale di San Giovanni in Venere, affidata alla congregazione dell’Oratorio per operarne la restaurazione morale e spirituale che si rendeva necessaria dopo un lungo periodo di abbandono da parte di commendatari che prelevavano il beneficio senza minimamente curare le anime che da essa dipendevano. Al suo arrivo la situazione doveva apparire spaventosa ma con coraggio, nonostante l’età già piuttosto avanzata, si mise al lavoro conducendolo con grandissimi frutti pastorali. Qui la sua strada si incrociò di nuovo con quella il fratello in fuga da Roma per evitare la nomina a vescovo di Saluzzo e che Matteo, in ossequi al loro originario desiderio di umile consacrazione religiosa, nascose fin che potette.
 

Membro molto apprezzato nell’esercizio dell’Oratorio, a causa degli scrupoli che lo tormenteranno per tutta la vita poté dedicarsi poco al confessionale e ebbe non poche difficoltà anche in altri ministeri. Insieme all’amico comune San Francesco di Sales, Giovenale sarà sempre il suo punto di riferimento anche se non raggiungerà mai i suoi livelli. Immediatamente dopo la morte di Giovenale si adopererà strenuamente per la sua causa di beatificazione. Infine, morì a Fossano il 4 aprile 1638 a ottantasei anni. Padre Guidetti riassunse magnificamente la sua figura dicendo che non ricercò se non “il merito dell’obbedienza”.

Emanuele Borserini