Nuova pubblicazione sulla musica oratoriana

Il Procuratore Generale esprime le congratulazioni della Confederazione Oratoriana all’amico Daniele V. Filippi in occasione della pregevole pubblicazione della nuova opera da lui data alle stampe: “Selva armonica”. La musica spirituale a Roma tra Cinque e Seicento, Brepols, Tournhout, MMVIII. Il prezioso volume, di pp. XV + 484, presenta, dopo ampia Nota introduttiva, nella Parte prima: 1. L’Oratorio Romano di san Filippo Neri e la cultura cristiana dell’epoca; 2. Musica e spiritualità cristiana dalle origini al 1600; 3. La musica spirituale a Roma (1580-1620). Nella Parte seconda: Anerio, Manni e l’Oratorio Filippino; nella Parte terza: Vagando nella Selva Armonica. Tre ampie Appendici riportano bibliografia, annotazioni, testi e trascrizioni. Chiude il volume un prezioso indice analitico.

Una recente pubblicazione di D. V. Filippi – D. V. Filippi, Tomás de Victoria, ed. Epos, Palermo, 2008, pp. 223 – dopo aver tracciato un esauriente profilo biografico del de Victoria, dedica ampio spazio alla presentazione delle Opere (pp. 53-175) e si chiude la pubblicazione con una Nota sulla fortuna, la bibliografia essenziale e la discografia del de Victoria.

Anniversari filippini sull’Osservatore Romano

Un articolo di p. Edoardo A. Cerrato, pubblicato oggi da “L’Osservatore Romano”, presenta, in relazione al centenario del Tarugi, il 450.mo della morte di p. Persiano Rosa e il trasferimento degli incontri di Padre Filippo dalle “stantiole sue” al locale sopra la navata laterale della chiesa di S. Girolamo, da cui gli incontri presero il nome di “Oratorio”. L’articolo – che riproduciamo – è la sintesi di un più ampio saggio che sarà pubblicato sul prossimo numero di “Annales Oratorii”.

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Cesare Baronio e la devozione mariana

Nella festa della Natività della B. V. M., a cui la “Chiesa Nuova” di Padre Filippo è dedicata, proponiamo un denso articolo del Prof. Luigi Gulia su “Caesar Mariae – Servus – Mariae Caesar. Cesare Baronio e la devozione mariana”. Il Procuratore Generale, nell’occasione, ringrazia l’Autore per l’intelligente e fattiva collaborazione alla Causa del Ven. Baronio, alla quale in diocesi di Sora – come recentemente documentato anche dal nostro sito – si presta un’attenzione davvero confortante.

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John Henry Newman: «Ex umbris et imaginibus ad veritatem»

Riportiamo un articolo della rivista “Tempi”:

Prima che venga notte
John H. Newman, spinto a pensare a Dio da un mondo

che vive per smentirne la presenza

di Marina Corradi 

Dalla Apologia pro vita sua di John Henry Newman, il teologo anglicano ottocentesco convertito al cattolicesimo: «Se partendo dall’esistenza di Dio (della quale io sono certo come della mia stessa esistenza) io guardo fuori dal mio Io, al mondo degli uomini, vedo uno spettacolo che mi riempie di sgomento indicibile. Sembra che il mondo smentisca in pieno quella grande verità che permea tutto il mio essere, con un effetto, logicamente e necessariamente così sconcertante per me come se sentissi negare la mia propria esistenza. Se guardassi in uno specchio e non ci vedessi il mio volto proverei quel che provo quando guardo questo mondo vivente e affaccendato, e non ci vedo il riflesso del suo Creatore».

E il cardinale inglese nato centocinquant’anni prima di te improvvisamente sembra vicino. È, quello sguardo smarrito sulla opacità delle cose, simile al tuo, spaventato, di un lontano giorno di seconda media, un giorno come un altro, in cui come sempre andavi a scuola. Lungo la strada consueta, al solito angolo di Brera, alzando gli occhi – i palazzi in una giornata grigia, il traffico, le facce assorte dei milanesi – d’improvviso avevi visto un’altra realtà. Non uomini, case, storie, ma solo materia: cemento, asfalto, lamiera, carne, assemblati in un modo apparentemente casuale e sgraziato; e tu in mezzo, materia anche tu, cosa; e tutto, così assurdo. In un acuto spavento: possibile che il mondo in un momento si fosse fatto quell’allinearsi cieco di apparenze? E perché tu, pur essendo “materia”, pensavi, e con tanto dolore? Eri matta, o caduta in un maligno incantesimo?

La vertigine durò pochi secondi. Poi la fontana, la chiesa di Sant’Angelo, le case tornarono come sempre: cose degli uomini, orme del loro destino. Ma quel balenio d’angoscia ti è rimasto per sempre, in una sbalordita memoria. Era un universo senza più alcun segno; cose senza origine né senso; roba. («Se guardassi in uno specchio e non ci vedessi il mio volto, proverei quel che provo quando guardo questo mondo vivente e non ci vedo il riflesso del suo Creatore»).

Il mondo opaco, trasfigurato come in un paesaggio urbano di Sironi: la città come quinte di teatro, livide, a nascondere pudicamente il nulla. Ma Newman di quello sguardo atterrito seppe fare un tesoro. «Ex umbris et imaginibus ad veritatem», scrissero nel suo epitaffio. Per lui, ha scritto il cardinale Giacomo Biffi, «il mondo visibile è una foresta di segni: è il mondo delle ombre e delle immagini che alludono e rimandano alla realtà vera e piena». Dunque quel “non vedere” può essere dato per vedere di più; per imparare uno sguardo che buchi la superficie ottusa delle cose. Come un addestramento: vedere non con gli occhi, ma in virtù di una ostinata domanda. Che è la grazia che vorresti per i tuoi figli: dentro al mondo, come in una foresta di segni.

(Tempi, 19 giugno 2008)

John Henry Newman sul sito Petrus

Siamo lieti di riprodurre l’articolo di Mauro Bontempi, apparso oggi su “Petrus. Il quotidiano on-line sul Pontificato di Benedetto XVI”.

John Henry Newman: Dottore della Chiesa, pellegrino della Fede 
e precursore di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI
 di Mauro Bontempi

CITTA’ DEL VATICANO – “Il segno caratteristico del grande dottore nella Chiesa mi sembra essere quello di non insegnare solo con il pensiero e i discorsi, ma anche con la sua vita”. E’ il pensiero conclusivo del Cardinale Joseph Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, al termine di un partecipe omaggio alla memoria di John Henry Newman. Quest’uomo, che presto (et pour cause) Benedetto XVI dichiarerà beato, incarna il modello del “pellegrino della fede”: la sua è la storia di una “conversione in fieri”. “Newman – concludeva Ratzinger nel 1990 – appartiene ai grandi dottori della Chiesa, perché egli nello stesso tempo tocca il nostro cuore e illumina il nostro pensiero”.

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