Visita alle Sette Chiese

Il Procuratore Generale partecipa alla Visita delle Sette Chiese organizzata quest’anno dalla Congregazione dell’Oratorio di Roma in riferimento alle memorie dell’Apostolo Paolo. Sabato pomeriggio, dopo la benedizione in Chiesa Nuova, i numerosi partecipanti si sono diretti alla Basilica di S. Pietro in Vaticano per la professione di fede sulla tomba dell’Apostolo: qui, nella cappella del Coro, S.E.R. l’Arcivescovo Giuseppe De Andrea ha presieduto per essi la solenne liturgia del Vespro e la Cappella Giulia ha animato il canto. Domenica la Visita è proseguita alla Basilica di S. Paolo fuori le Mura, alle Tre Fontane, luogo del martirio dell’Apostolo, a S. Sebastiano alle Catacombe, e alla Basilica dei SS. Nereo ed Achilleo, dove il Procuratore Generale ha presieduto la S. Messa. Nel pomeriggio si è visitato il Carcere Mamertino e S. Paolo alla Regola, concludendo in Chiesa Nuova il cammino.

«Ci accompagna quest’anno nella Visita alle Sette Chiese – ha detto il Procuratore Generale alla partenza –  un discepolo amatissimo di Padre Filippo, di cui ricorre quest’anno, l’11 giugno, il IV centenario della morte: il Cardinale Francesco Maria Tarugi, tante volte compagno del Santo anche su questo cammino.

Le Sette Chiese sono scelte, in questa edizione della Visita, in relazione all’Apostolo Paolo, nell’imminenza dell’Anno indetto dal Santo Padre Benedetto XVI in occasione del bimillenario della nascita.

Cor Pauli, Cor Christi” esclamò un Padre della Chiesa commentando le lettere dell’Apostolo: “Cuore di Paolo, Cuore di Cristo”! “Per me vivere è Cristo” (Filipp.1,21) scrisse – e visse – l’Apostolo che insieme a Pietro ha reso illustre più di ogni altra la Santa Chiesa di Roma; “Vivo io, non più io, Cristo vive in me, e questa vita che io vivo nella carne la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal.2,20).

Alla luce di questa verità – che è il cristianesimo nella sua essenza più pura – si comprende la natura della santità cristiana: una vita umana che, per grazia, diventa vita di Gesù Cristo.

Filippo Neri – chiamato dai Pontefici “Apostolo di Roma”, con un titolo che egli solo condivide con Pietro e Paolo – per sessant’anni testimoniò nell’Urbe, da laico e da sacerdote, che questo non solo è possibile, ma che è l’unica cosa indispensabile.

Chi vuol altro che non sia Cristo non sa quel che si voglia; chi cerca altro che Cristo, non sa quel che dimandi; chi fa e non per Cristo non sa quel che si faccia” soleva ripetere Filippo, proponendo ad ogni persona l’autentico cammino della fede.

“Ho bisogno d’incontrarti nel mio cuore, di vedere Te, di stare insieme a Te – dice il testo di un bel canto cristiano – Unico riferimento del mio andare, unica ragione Tu, la stella polare Tu, al centro del mio cuore ci sei solo Tu”!

La vocazione che, per tutta la vita, Filippo sentì risuonare nella sua anima era l’incontro pieno con quel Cristo di cui dirà, ancora al momento di riceverlo nel viatico: “Christo mio, amor mio, tutto il  mondo è vanità”. Aveva scritto alla nipote: “Dio vi dia grazia che vi concentriate tanto nel suo divino amore e che entriate tanto dentro la piaga del costato, nel fonte vivo de la sapienza del Dio humanato, che v’anneghiate voi stessa il proprio amore et non ritroviate mai più la strada da poterne uscir fuori”.

“La presenza di Cristo diviene per lui una evidenza commovente” afferma Guzman Carriquiry. “La tradizione patristica, la familiarità con le Sacre Scritture e la testimonianza  dei martiri e dei santi aprono ed illuminano il “cuore” a riconoscere e ad aderire a  questa Presenza. […] E’ noto l’impressionante e fondamentale fervore eucaristico di Filippo Neri: Chiesa ed Eucarestia, totalmente compenetrate, fanno riferimento al corpo misterioso, reale, di Gesù Cristo. Egli percepisce il Volto del Signore, la sua presenza reale e interpellante, anche negli infermi, nei poveri, nei bisognosi. Alla base di tutto c’è la convinzione che la vita spirituale, il cammino della santità, non si fonda su una “gnosis” per “iniziati”, né per i “sapienti” ed i “giusti”, ma su un avvenimento reale, un incontro imprevedibile nelle circostanze della vita, accessibile inoltre a qualunque persona, di qualunque stato o condizione, che lo accolga con stupore di bambino. […] Questo stesso realismo rende Filippo Neri attento alle circostanze della vita di ogni persona in cui la grazia si incarna […] Ciò che guida infatti tutta la sua esistenza e la sua comprensione della realtà è la certezza sperimentata nell’incontro con Colui per cui tutte le cose sono state fatte e nel quale sussistono e consistono per essere ricapitolate nella gloria di Dio”.

Cor Pauli, Cor Christi”; ma – senza tema di esagerare – anche “Cor Philippi Cor Christi”: il cuore di Filippo Neri, colmato del dono dello Spirito Santo nelle Catacombe di San Sebastiano, è infatti straordinaria immagine del cuore che per ogni discepolo Cristo desidera».