La storia


 

V Periodo

La restaurazione e la rinascita

 

sanfi2.jpg (13061 byte)Solo verso il 1819, finita l'era napoleonica, e passata la Lombardia sotto la dominazione austriaca, si deve al vescovo di Brescia dell'epoca Mons. Gabrio Maria Nava, milanese, se i nuovi tentativi di ripristino avviati a Milano e a Vienna si conclusero felicemente. Finalmente il 17 Marzo 1823 (data fatidica per la Congregazione di Brescia il 17 Marzo, perché proprio il 17 Marzo del 1598 ottenne la Bolla di erezione ad instar dell'Oratorio di San Filippo Neri in Roma) venne firmato alla Pace, nella camera del padre Francesco Lucchini, l'atto notarile con cui l'autorità politica ricostituiva legalmente ed ufficialmente la Congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri in Brescia, e si affidò al padre Angelo Arrigo la rappresentanza legale della stessa.

 

Il 26 maggio 1823, festa di San Filippo Neri, il Vescovo di Brescia, Gabrio Maria Nava, volle con particolare solennità inaugurare la vita della rinnovata Congregazione. La congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri, dettagrigio.jpg (17119 byte) dei Padri della Pace, è la prima comunità che viene ricostituita in diocesi di Brescia, dopo la bufera napoleonica e, forse per questo motivo, il Vescovo Nava voleva affidarle dei compiti, che non sempre si armonizzavano con la consuetudine dei Padri dell'Oratorio. Per questo motivo si scontrano due mentalità: quella del Vescovo che voleva una comunità simile a quella degli Oblati di Sant'Ambrogio di Milano, e dall'altra i vecchi Padri Oratoriani, che volevano ritornare alla loro primitiva origine, di stampo filippiano. La corrispondenza si trascina fra il 1823 e il 1827 ed infine i Padri superstiti dell'antica congregazione dell'Oratorio di San Filippo Neri in Brescia ottengono il 16 Febbraio 1827 un Breve di Sua Santità il Papa Leone XII che ridonava tutti i diritti e i privilegi dell'antica congregazione soppressa nel 1797. Tuttavia si arrivò ad un accordo con il Vescovo accettando il carico della predicazione in diocesi degli Esercizi Spirituali. Il Vescovo sembrò soddisfatto ed inviò una affettuosa lettera ai Padri il 16 Maggio 1827, in cui approva che i Padri osservino le Costituzioni dell'Oratorio Romano e che questo possa conciliarsi con i bisogni straordinari della diocesi di Brescia, poiché molti ordini religiosi non erano ancora stati ricostituiti. Per questo motivo forse, ma anche per la straordinarietà dei tempi, i Padri iniziarono ad avviare l'opera degli Esercizi Spirituali del clero e dei laici, prima nella Casa di Sant'Antonino fino agli inizi del '900, poi nella Villa San Filippo, appartenuta già ai Martinengo Palatini, poi della famiglia Cuzzetti, che la vendettero ai Padri dopo la I Guerra Mondiale, essendo stata trasformata Sant'Antonino in ospedale degli Infettivi. La casa di Esercizi Spirituali denominata Sant'Antonino, situata in via Conchiglia fra il Borgo delle Pile e Costalunga, era un piccolo convento costruito dai Carmelitani Scalzi nel 1661, che lo abbandonarono pochi anni dopo per trasferirsi in San Pietro in Oliveto. Vi abitarono poi i Francescani Zoccolanti del Terz'Ordine Regolare fino alla soppressione degli ordini religiosi del 1797. Il Governo provvisorio lo cedette al sacerdote Faustino Rossini, Prevosto di San Giovanni, che a sua volta lo legava al Pio Istituto delle Pericolanti con la clausola però che, qualora i Padri Filippini della Pace intendessero acquistare la Breda di Sant'Antonino, venisse loro ceduta al prezzo con il quale egli l'aveva acquistata, nonostante le migliorie che vi erano state fatte.

 

Il secolo XIX tiene vivamente occupata la Comunità dei Padri in queste due attività fondamentali: gli Esercizi Spirituali al clero prima e poi anche al laicato e alla predicazione delle Missioni nelle parrocchie della diocesi, come auspicato dal Vescovo mons. G. M. Nava. L'archivio della Congregazione conserva ancora gli attestati delle numerose parrocchie della diocesi, che si sono avvalse dell'opera dei Padri e del bene operato da essi. Quindi proprio sulla scorta della Bolla di Papa Leone XII ed assecondando il desiderio del Vescovo Nava i padri dell'Oratorio di Brescia continuarono per tutto il XIX secolo l'opera delle Missioni popolari in parrocchia. I bisogni della diocesi di Brescia erano grandissimi. I travagliati momenti politici susseguiti al periodo napoleonico avevano scosso molte anime, si aggiunga che un certo spirito giansenista ancora persisteva nel clero bresciano, che aveva come conseguenza un certo rallentamento dello spirito di pietà e da certe pratiche religiose. Per quest'opera la Congregazione stilò un regolamento, perché la casa e la Chiesa non restassero prive di padri in alcuni momenti forti dell'anno liturgico. Si calcola che i padri tenessero in quegli anni circa 40 missioni parrocchiali nell'arco dell'anno. I padri Micovik, Faustini ed Avogadro ebbero doti e doni particolari in questa attività. Solo verso la fine del secolo l'attività si ridusse, perché nel frattempo altri ordini religiosi erano ritornati in diocesi.

 

Un altro avvenimento, che offrì momenti di gioia, fu la beatificazione del p. Sebastiano Valfré dell'Oratorio di Torino ad opera di Papa Gregorio XVI, e durante il pontificato di Leone XIII vennero beatificati sia il p. Giovenale Ancina dell'Oratorio di Napoli e Vescovo di Saluzzo che il p. Antonio Grassi dell'Oratorio di Fermo nelle Marche. Lo stesso Leone XIII dimostrò la sua grande ammirazione per la Congregazione dell'Oratorio creando cardinale nel suo primo concistoro John Henry Newman, fondatore degli Oratori di Londra e di Birmingham in Inghilterra, e in seguito il p. Alfonso Capecelatro dell'Oratorio di Napoli, che fu nominato anche Arcivescovo di Capua e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa.

 

Per quanto riguarda l'Oratorio dei giovani, abbiamo visto che durante la soppressione napoleonica si era cercato di mantenerlo vivo, per quanto possibile, tenuto presente che la Cappella dell'Oratorio era stata trasformata in Teatro dei dilettanti. Il tutto venne poi riscattato da don Francesco Canipari, e il primo Prefetto dell'Oratorio della ricostituita congregazione fu il p. Sebastiano Maggi, che lasciò erede lo stesso Oratorio dei giovani di una sua proprietà in Costalunga, il cui reddito doveva servire per l'opera dello stesso. Notevole impulso ebbe poi sotto la direzione dei padri Micovik e Faustini, e costituì esempio per la formazione degli oratori in città. Nel 1855 l'Oratorio festeggiò con grande solennitàla definizione del dogma dell'Immacolata concezione con luminarie nel cortile. Il Padre Matteo Balzarini introdusse, per attirare la gioventù, il teatro, provvisto un poco alla volta di scenari, di costumi e di quanto era necessario. La filodrammatica della Pace ebbe una notevole risonanza, anche a livello nazionale, e vinse anche alcuni concorsi. L'attività continuò fino agli anni ‘30 di questo secolo, soppiantato poi dal cinema. Il secolo XIX è anche il secolo dei lavori di completamento della chiesa della Pace, che abbiamo lasciato nel XVIII secolo con gli altari minori imperfetti. Grazie al lascito testamentario delle contesse Martrinengo Villagana si incaricò di quest'opera l'architetto Donegani e Adamo Tagliani di Rezzato, celebre altarista, che si ispirarono al modello già delineato dal Massari nei suoi disegni. Nel 1851 al sigor Amati di Pavia venne commissionato il nuovo organo. Nell'anno 1849 un fortunale spaventoso si rovesciò sulla città e fece cadere dalla cupola la statua dell'Immacolata, collocata nel 1739, opera di Beniamino Simoni. Solo nel 1877 si potè raccogliere una somma adeguata fra i fedeli e commissionare la nuova statua. Il modello venne preparato dal sacerdote Giuseppe Lusiardi, la fusione fu fatta a Milano, dalla ditta Zucchi. La statua è alta 4 metri ed 80 centimetri ed è ricoperta dall'oro offerto dalle signore e dai giovani dell'Oratorio.

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Il Padre Antonio Cottinelli, che si può definire il più grande benefattore che la Congregazione abbia avuto negli ultimi due secoli, si assunse l'incarico e anche l'onere di completare le nicchie della chiesa, ancora prive delle statue degli apostoli.Lo scultore Antonio Callegari aveva compiuto quelle dell'altare di San Filippo, cioè San Giovanni e San Giacomo. L'opera venne affidata allo scultore Cesare Zani di Rezzato, che completò le sue sculture nell'arco di dieci anni. Certamente esse non sono all'altezza di quelle del Callegari, ma sono meritevoli di considerazione. Anche il pavimento aveva bisogno di essere rifatto. Raccogliendo offerte tra i padri ed alcuni benefattori si fece il nuovo pavimento in breccia bianca e bardiglio, il tutto completato nel 1897. Con altre somme donate anonimamente si fece, su disegno dell'architetto Arcioni, la grendiosa bussola, opera dell'Istituto Artigianelli. Anche la sagrestia ebbe dei lavori di completamento, con i due banchi laterali, opera del falegname Frigerio del 1850 , offerti dal padre Vincenzo Maggi. L'archivio e la storia manoscritta della congregazione del padre Antonio Cottinelli non passano sotto silenzio il problema della facciata della Chiesa della Pace, rimasta incompiuta. Il primo disegno è quello riprodotto da Bernardino Maccaruzzi, allievo del Massari, che su una lastra di rame incise i progetti dell'architetto veneziano. Ma la bufera della soppressione non rese possibile la sua attuazione. Il progetto venne ripreso nel secolo successivoe si trovò anche una benefattrice nella contessa Uggeri, dirimpettaia della Chiesa della Pace, disposta a pagare il compimento della facciata. L'architetto Donegani fece dei progetti che ancora si conservano in archivio, ma che rispecchiano ormai il nuovo gusto neoclassico e che i padri non accettarono perchè "... troppo inferiore alla grandiosità dell'edificio". Tuttavia questo fervore di opere per la Chiesa e per l'Oratorio dei giovani non è pari a quello dimostrato dai padri negli esercizi spirituali. Si sa che già nel XVI secolo i padri tenevano degli esercizi nella loro casa sul monte Maddalena ed anche nel corso del XVII secolo si assiste a mute di esercizi tenute nella loro casa di vacanze in Saiano. Ma erano situazioni occasionali e isolate, dietro impulso di qualche vescovo di Brescia o di qualche padre di congregazione.

 

Abbiamo visto che essi avevano acquistato dal prevosto di San Giovanni, il sacerdote Faustino Rossini, lo santantoni.JPG (17789 byte)stabile di Sant'Antonino e tutta l'area annessa, che doveva costituire un'oasi di silenzio e di solitudine. Il contratto venne firmato nel 1838. I padri si misero subito all'opera per aumentare il numero delle stanze, che erano solo una ventina, per costruire un refettorio, una cucina e completare la Chiesa, coperta da delle semplici travature. Padre Giacomo Micovik fece un viaggio per vedere altre case di esercizi spirituali, al fine di documentarsi e introdurre così tutte le comodità necessarie ad una tale opera. La Chiesa venne dotata di ben nove altari e nella casa si ricavarono altre quattro cappelle per la celebrazione della Messa dei sacerdoti in esercizio. Al termine dei lavori la casa di Sant'Antonino poteva ospitare almeno ottanta persone. Tuttavia i primi esercizi per il clero si poterono tenere solo nel 1850, perché durante le guerre di indipendenza la casa servì come ospedale per i feriti. Si fecero due o anche quattro mute annuali di esercizio al clero per circa cinquanta sacerdoti. Il vescovo della diocesi, monsignor Verzieri,ebbe molto a cuore l'opera e non si stancava di inviare circolari ai sacerdoti e di offrire personalmente la retta per coloro che non erano in grado di intervenire. A fine secolo le mute erano diventate sei o sette e, oltre ai sacerdoti diocesani, vi prendevano parte anche quelli extradiocesani. Ma il fatto più importante per l'opera fu l'apertura degli esercizi anche ai laici. Era il 1879 quando per la prima volta quarantaquattro laici poterono partecipare al corso di esercizi spirituali predicato dal padre gesuita Raffaele Ballerini, che era di casa a Sant'Antonino. Il 1879 è anche l'anno in cui avvenne il trasporto della salma del Venerabile Alessandro Luzzago dalla chiesa di San Barnaba, ormai in disarmo e spoglia di tutto, alla chiesa della Pace. Il corpo è stato seppellito all'altare di San Carlo, come era nella chiesa di San Barnaba, utilizzando la stessa lapide sepolcrale. Il vescovo Verzeri si mostrava ammirato e voleva venire sempre ala chiusa degli esercizi del laicato, a portare la sua benedizione ed il suo incoraggiamento all'opera. Il suo diario contiene delle note interessanti a riguardo. I tempi erano molto difficili per i laici cristiani. Il padre Antonio Cottinelli, che scrisse anche la storia manoscritta di Sant'Antonino, così scrive: "...I risultati furono splendidi, la grazia del Signore fu abbondantissima. Molti (degli esercitanti n.d.r.) entrarono in case religiose per darsi alla vita di perfezione, altri si consacrarono nello stato ecclesiastico, altri, ritornati nelle loro case, furono di edificazione alle famiglie, alla società, l'anima delle opere del laicato cattolico". Fra gli esercitanti di Sant'Antonino si trovava anche il dott. Giorgio Montini, padre di Paolo VI. Così continua il padre Cottinelli: "L'opera dei santi Esercizi dei secolari prese uno sviluppo inaspettato... Alcuni operai della tipografia del "Cittadino", non potendo allontanarsi con facilità dalle loro officine per otto giorni, per fare i santi esercizi, presentarono l'idea di potere fare almeno un giorno di ritiro, entrando il sabato sera nella casa di Sant'Antonino per uscirvi il lunedì mattina in ora per poter essere sul posto di lavoro". Anche l'associazione giovanile Leone XIII desiderò una muta di esercizi per i figlioli di campagna. L'affluenza fu tanto grande che i posti non erano sufficienti. Nel frattempo alla Pace, accanto all'Oratorio, ebbe notevole sviluppo, su suggerimento del venerabile Tovini e del padre Alessandro Usardi, il Patronato degli studenti e si pensò così di coinvolgere anche costoro. Fu opera di padre Luigi Carli, che vi si impegnò dando inizio ai ritiri per studenti nel 1908.

 

Sullo scorcio del XIX secolo il padre Antonio Cottinelli fu l'artefice delle grandi solennità del 1895, al cadere del Terzo centenario della morte di San Filippo Neri. Il padre pensò che, pur avendo la Chiesa della Pace l'immagine della Madonna in tutti gli altari, secondo lo spirito di San Filippo che così volle nella sua chiesa della Vallicella in Roma, tuttavia non aveva un altare consacrato a lei. Si pensò quindi di trasformare l'altare di San Giovanni Nepomuceno in santuario della Madonna di Lourdes, che in quel tempo aveva raggiunto una notevole fama, dopo le apparizione nella grotta di Massabielle. Dopo avere tolto il dipinto del Batoni, collocato nella cappella dell'Oratorio, si fece su disegno dell'architetto Antonio Tagliaferri, una nicchia ornata di marmi e bronzi. Lo scultore Cesare Zani fece degli angeli, i gruppi di cherubini e i festoni di fiori (come si può vedere da antiche immagini). Venne dalla Francia la statua e si pensò di inaugurare l'altare con una solenne incoronazione. La corona in argento dorato, con alcune gemme, venne fusa a Roma , dall'orefice Agostino Boni. Nel maggio del 1895 si fece la solenne cerimonia dell'incoronazione alla presenza del vescovo di Brescia, Giacomo Maria Corna Pellegrini, del vescovo di Cremona, Geremia Bonomelli, bresciano, e di monsignor Fontana, vescovo di Crema. Qualche giorno dopo invece, per solennizzare il centenario di San Filippo, si fece una solenne processione con la statua d'argento del Santoprocessione.JPG (22984 byte) per le vie della città. Le fotografie del tempo ci mostrano alcuni momenti di quella storica processione alla quale parteciparono numerosi fedeli e sacerdoti da tutta la diocesi. Le cronache del tempo furono notevolmente ricche nel sottolineare la grandiosità e la solennità delle cerimonie. L'attività dei ritiri per esercizi subì purtroppo una interruzione allo scoppio della I guerra mondiale. L'Italia fu coinvolta, in particolare la Lombardia ed il Veneto furono teatro delle operazioni belliche. Sant'Antonino fu requisito dalle autorità militari e trasformato in ospedale per i feriti e gli infettivi. I padri si prodigarono nell'assistenza e meritarono l'elogio ed una medaglia dalla stessa Croce Rossa. Al termine del conflitto il comune di Brescia avviò le trattative per l'acquisto di Sant'Antonino e della sua area per fare un ospedale per infettivi, durato fino agli anni ‘80. In sostituzione venne offerta ai padri la breda Mondella, alla Stocchetta e una somma di denaro. La breda Mondella però non venne trovata adatta e le spese di trasformazione apparirono troppo onerose. Trovarono di lì a qualche tempo la disponibilità degli eredi Cuzzetti, che vendettero la loro proprietà: l'attuale villa San Filippo con tutta l'area prativa e coltivata a vita circostante. La perizia di stima stesa nel 1923 non è molto dissimile dall'attuale villa. I padri l'acquistarono e trasformarono il portico occidentale nella attuale cappella del Buon Pastore. E' necessario soffermarci un po' su quest'opera che va considerata un capolavoro dell'architettura e della decorazione dell'epoca.

 

Certamente l'anima di questi lavori fu padre Giulio Bevilacqua , reso ancor più sensibile in quegli anni al problema liturgico ed amico di monsignor Polvara, fondatore della scuola Beato Angelico di Milano. Non va dimenticato che nel 1922 alla Pace si svolse la prima settimana liturgica nazionale, con la regia dello stesso padre Bevilacqua e dell'altro grande protagonista: l'abate Caronti di Parma. La triade Bevilacqua, Polvara ed il pittore Vittorio Trainini crearono appunto quel capolavoro che è ancora oggi la cappella di villa San Filippo. Il Trainini poi chiamò a decorare la teoria di Santi, che ornano le pareti della cappella, alcuni suoi collaboratori con l'intento di farli conoscere al clero bresciano o extradiocesano per eventuali committenze alle loro chiese. La storia degli esercizi a san Filippo è ancora tutta da scrivere, anche se non mancano per fortuna i documenti e anche perché la stampa dell'epoca si mostra più ricca di informazioni. Continuarono gli esercizi al clero e nomi rinomati nel campo dell'oratoria e della spiritualità si alternarono a fare da predicatori. Anche gli studenti sia dell'Oratorio che del Patronato fecero i loro ritiri annuali in preparazione di particolari solennità o alla vigilia dell'inizio delle attività. A costoro si aggiunsero poi, a partire dagli anni ‘30, gli studenti universitari iscritti alla F.U.C.I. ed il movimento dei laureati cattolici.

 

Nel 1910 morì padre Antonio Cottinelli, allora preposito, e fu una grande perdita per la congregazione. In quegli anni il padre aveva potuto risolvere il problema vocazionale fondando un seminarietto. La Santa Sede mostrò un grande interesse per le personalità sacerdotali presenti alla Pace: ben tre padri vennero invitati dallo stesso Papa San Pio X a reggere la parrocchia della Vallicella in Roma. Essi furono: padre Felice Bonfadelli, padre Domenico Bonomi e padre Filippo Manerba. Più tardi, negli anni '30 sarà padre Paolo Caresana.

 

Il secolo XX è segnato dalle due grandi guerre. Nella prima alcuni padri parteciparono, se non in prima linea, certamente come assistenti di sanità. Nella seconda guerra mondiale il contributo fu notevole. Partirono cappellani i padri Giulio Bevilacqua, Ottorino Marcolini, Giuseppe Olcese, Pietro Scalvini, Giacomo Pifferetti e Riccardo Brocchetti. Padre Carlo Manziana invece venne arrestato dalla Gestapo e inviato nel campo di concentramento di Dachau. Ma questa storia è ancora tutta da scrivere, anche se non mancano le numerose testimonianze, non solo degli interessati stessi, ma anche di numerosi amici ed estimatori della Pace, che la frequentarono in quei tormentati anni di dittatura e di ricostruzione post bellica. Anche in questo secolo la Congregazione dell'Oratorio di Brescia ebbe dei riconoscimenti straordinari del merito dei propri membri. Paolo VI, amico e frequentatore dell'Oratorio negli anni giovanili, elevò all'episcopato padre Carlo Manziana, destinandolo alla diocesi di Crema, e creò cardinale padre Giulio Bevilacqua, parroco di Sant'Antonio, con il titolo diaconale di San Girolamo della Carità.